Meta, la società madre di Facebook, dovrà versare circa 10 milioni di euro al gruppo editoriale Gedi per l’utilizzo non autorizzato dei suoi articoli nel corso del 2022. Questa decisione è stata presa dal Consiglio dell’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni durante la seduta del 10 luglio 2025. La somma riguarda contenuti pubblicati da testate prestigiose come La Repubblica, La Stampa e Il Secolo XIX. Si tratta della seconda applicazione dell’articolo 43-bis della legge sul diritto d’autore, che regola l’equo compenso per le piattaforme digitali che utilizzano contenuti giornalistici.
Prima deliberazione e confronto con Microsoft
La prima deliberazione riguardante il pagamento da parte delle piattaforme digitali risale a luglio 2024 e ha visto coinvolta Microsoft, condannata a sborsare 730 mila euro per l’uso dei contenuti editoriali di Gedi sul motore di ricerca Bing nel biennio tra il 2021 e il 2022. L’importo stabilito per Meta è significativamente più alto rispetto a quello imposto a Microsoft. Questo perché Facebook genera un traffico nettamente maggiore rispetto al motore di ricerca Bing, portando così alla diffusione più ampia degli articoli delle testate editoriali.
Il regolamento n. 3/23/CONS dell’Agcom stabilisce che l’equo compenso debba essere calcolato in base alla differenza tra i ricavi pubblicitari ottenuti dalla piattaforma grazie all’utilizzo dei contenuti giornalistici e i guadagni realizzati dagli editori attraverso il traffico indirizzato verso i loro siti web. Nella determinazione dell’importo si tiene conto anche del numero totale degli utenti che hanno visualizzato i contenuti sulle varie piattaforme social, nonché del peso editoriale in termini di audience online.
Leggi anche:
I criteri utilizzati dall’Agcom
L’Autorità considera diversi fattori nella valutazione economica: oltre ai ricavi pubblicitari generati dalle piattaforme stesse, vengono esaminati anche costi tecnologici sostenuti sia dagli editori sia dalle aziende digitali come Meta. Inoltre si tiene presente il numero complessivo dei giornalisti impiegati nelle redazioni delle testate coinvolte e la storicità delle pubblicazioni stesse.
Questa metodologia mira ad assicurare una giusta remunerazione agli editori per l’utilizzo dei loro contenuti da parte delle grandi piattaforme digitali. L’obiettivo è garantire un equilibrio tra gli interessi economici delle aziende tecnologiche e quelli degli operatori editoriali tradizionali.
Possibilità di ricorso al Tar
Meta ha ora la possibilità di presentare ricorso presso il Tribunale amministrativo regionale contro questa decisione dell’Agcom. È importante notare che questa pronuncia arriva in concomitanza con un parere emesso dall’avvocato generale della Corte europea riguardo al contenzioso tra Meta stessa e le autorità italiane competenti in materia.
Sebbene questo parere non abbia valore vincolante, esso afferma che la normativa italiana sull’equo compenso non contrasta con la Direttiva europea sul diritto d’autore vigente nell’Unione Europea. Se tale posizione venisse confermata dalla Corte stessa nei prossimi mesi, ciò potrebbe rafforzare ulteriormente le basi legali su cui poggia il sistema normativo italiano relativo ai diritti d’autore nel contesto digitale.
In attesa dello sviluppo della situazione legale fra Meta ed Agcom, resta alta l’attenzione sui temi legati ai diritti d’autore nell’ambito digitale e sull’impatto economico che tali decisioni possono avere sulle redazioni italiane ed europee.