Debutti teatrali a Milano: tra successi e delusioni nella settimana delle prime

Debutti teatrali a Milano presentano opere variegate: “Wonder Woman” affronta il tema dello stupro, “Il vertice” risulta confuso, mentre “Io sono il vento” offre un’esperienza poetica e immersiva.
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In questa settimana di debutti teatrali a Milano, il pubblico ha assistito a una serie di spettacoli che hanno suscitato reazioni contrastanti. Da “Wonder Woman” di Antonio Latella a “Il vertice” di Christoph Marthaler, fino all’inedito “Io sono il vento” del premio Nobel Jon Fosse e al ritorno dell’Odin Teatret con “Le nuvole di Amleto”, le proposte hanno spaziato in temi e stili. Tuttavia, non tutte le rappresentazioni sono riuscite a colpire nel segno.

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Wonder woman: un tema attuale ma una messa in scena discutibile

Antonio Latella torna sulla scena con “Wonder Woman”, uno spettacolo che affronta un tema delicato come lo stupro di gruppo. La pièce è ispirata a un caso reale avvenuto nel 2015 ad Ancona, dove la vittima fu inizialmente assolta da una Corte d’Appello composta da sole donne per motivi legati all’aspetto fisico della ragazza. Il cast femminile è composto da quattro attrici: Maria Chiara Arrighini, Giulia Heathfield Di Renzi, Chiara Ferrara e Beatrice Verzotti.

La produzione si distingue per i costumi curati da Simona D’Amico e le musiche composte da Franco Visioli. Nonostante l’intento dichiarato di denunciare la cultura patriarcale attraverso una narrazione intensa ed emotiva, lo spettacolo risulta spesso generico nelle sue accuse contro il pregiudizio maschile e la violenza sessuale. Le attrici interpretano ruoli forti ma non riescono ad andare oltre una rappresentazione superficiale della questione.

La performance si divide in due atti: il primo dominato dalla parola urlata mentre il secondo si concentra su coreografie più fisiche. Nonostante alcuni momenti toccanti e l’utilizzo della canzone cilena “Un violador en tu camino” come elemento centrale dello spettacolo, l’impatto finale lascia insoddisfatti molti spettatori che speravano in un approccio più profondo alla complessità del tema trattato.

Il vertice: confusione narrativa sul palco

Al Teatro Strehler debuttano anche “Il vertice” di Christoph Marthaler, uno spettacolo ambizioso ma problematico nella sua realizzazione. Ambientato in uno chalet montano o forse in un bunker – scelta scenografica poco chiara – sei personaggi si muovono tra gestualità confuse senza mai catturare realmente l’attenzione del pubblico.

Le azioni sembrano scollegate tra loro; i dialoghi alternano lingue diverse senza creare coesione narrativa né comunicativa tra i personaggi stessi. La drammaturgia appare dispersiva con tentativi poco riusciti di ironia che non riescono ad alleggerire la pesantezza dell’opera complessiva.

L’unico momento vivace sembra essere la parodia della celebre canzone “Prisencolinensinainciusol”, ma anche questo risulta più casuale che frutto di scelte artistiche ponderate. In conclusione, “Il vertice” sembra mancare completamente dell’impatto emotivo necessario per coinvolgere gli spettatori; resta piuttosto come un esperimento teatrale privo delle necessarie coerenza ed efficacia comunicativa.

Io sono il vento: poesia immersiva sul palco

Contrariamente alle precedenti opere presentate questa settimana milanese, “Io sono il vento” offre un’esperienza teatrale unica grazie alla regia di Marco Bonadei e alla presenza scenica intensa dei due protagonisti Angelo Di Genio e lo stesso Bonadei. Lo spettacolo è ambientato all’interno di una grande vasca d’acqua opaca lunga undici metri creando così un’atmosfera immersiva fin dal primo momento.

Attraverso dialoghi scarni intervallati da silenzi significativi i due attori esplorano tematiche esistenziali profonde legate alla vita umana attraverso parole cariche di poesia ed introspezione personale. L’elemento acquatico diventa simbolo sia della fragilità umana sia dello scorrere inevitabile del tempo; ogni gesto viene amplificato dal sound design curato da Gianfranco Turco rendendo ogni interazione palpabile al pubblico presente.

La riflessione sull’identità emerge forte nei testi scritti dall’autore norvegese Jon Fosse; i personaggi sembrano fondersi quasi diventando manifestazioni diverse della stessa anima tormentata dalla ricerca interiore verso significati profondi nell’esistenza quotidiana.

“Io sono il vento” invita gli spettatori ad immergersi nei dubbi dei protagonisti portandoli verso considerazioni personali su ciò che rimane inesprimibile nella vita stessa; dopo alcune repliche al Teatro Elfo Puccini fino al 30 maggio ci si aspetta già grande interesse intorno ai prossimi appuntamenti futuri legati allo stesso progetto artistico sviluppatosi negli ultimi cinque anni dai suoi creatori.

Le nuvole di Amleto: ritorno dell’Odin Teatret

Infine arriva sul palco milanese “Le nuvole d’Amleto”, presentata dall’Odin Teatret sotto la direzione artistica storica di Eugenio Barba. Questa compagnia ha segnato profondamente la storia contemporanea del teatro italiano sin dalla sua fondazione nel 1964. Con questo nuovo lavoro, Barba continua a esplorare linguaggi innovativi superando convenzioni tradizionali.

Lo spazio scenico ridotto permette agli spettatori presenti nel Teatro Menotti non solo assistere passivamente, ma vivere intensamente ogni istante offerto dagli interpreti: Antonia Cioaza, Else Marie Laukvik, Jakob Nielsen, Rina Skeel, Ulrik Skeel insieme a Julia Varley danno vita insieme ai loro personaggi vibranti portando riflessioni profonde sulle eredità culturali trasmesse dalle generazioni precedenti.

I costumi coloratissimi abbinati alle lucide scelte visive creano atmosfere suggestive mentre le parole pronunciate evocano domande universali riguardo amore, odio e responsabilità sociale. Questo lavoro invita tutti noi ad abbracciare emozioni autentiche facendoci interrogare su cosa significhi veramente essere parte integrante dell’esperienza umana condivisa.

Dopo queste repliche milanesi l’Odin Teatret proseguirà poi verso Bologna prima di partecipare alla Biennale Teatro Venezia; sarà interessante vedere come continueranno a evolvere questi temi affrontati attraverso il linguaggio unico caratteristico della compagnia fondata da Eugenio Barba.

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