Il 13 maggio, Kim Kardashian ha affrontato per la prima volta gli uomini accusati di averla rapinata a mano armata nella sua suite d’hotel durante la settimana della moda a Parigi nel 2016. Quella notte, l’influencer fu legata e imbavagliata da un gruppo di uomini travestiti da poliziotti, che le sottrassero gioielli dal valore complessivo di milioni di euro. Tra questi, spiccava un anello da quasi 19 carati regalato dall’ex marito Kanye West. La procura francese ha richiesto una pena di dieci anni di carcere per Aomar Aït Khedache, ritenuto il mandante dell’operazione.
Il ruolo di Aomar Aït Khedache
Aomar Aït Khedache, noto ai media francesi come “uno dei nonni rapinatori”, ha ammesso il suo coinvolgimento nella rapina ma ha sempre negato di essere stato il leader del gruppo. Durante le udienze, il pubblico ministero Anne-Dominique Merville ha sostenuto che Khedache fosse l’artefice dell’intera operazione criminale. Secondo Merville, egli avrebbe dato ordini e reclutato altri membri della banda per portare a termine la rapina; inoltre avrebbe venduto i gioielli rubati in Belgio.
Merville ha sottolineato l’assenza di empatia mostrata dai rapinatori nei confronti della Kardashian e delle persone presenti nell’hotel: “Erano mascherati e indossavano guanti,” ha dichiarato in aula. “Il loro obiettivo era sequestrarla e legarla.” Nonostante otto dei dieci imputati si proclamino innocenti, Merville rimane convinta della loro colpevolezza.
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Il racconto drammatico dell’aggressione
In aula Kim Kardashian ha condiviso i dettagli agghiaccianti dell’aggressione subita quella notte del 2016. Ha descritto come avesse temuto per la propria vita mentre veniva minacciata dai suoi aggressori: “Quella notte ero sicura di morire,” sono state le sue parole toccanti durante il processo. Ha raccontato anche come abbia implorato i ladri: “Potete prendere tutto ciò che volete ma devo tornare a casa dai miei figli piccoli.”
Kardashian è riuscita ad esprimere anche un gesto significativo verso Khedache; infatti, dopo aver ricevuto una lettera con scuse da parte sua letta in aula durante il processo, l’influencer ha scelto di perdonarlo pur riconoscendo che questo non allevia affatto il trauma subito.
Aspettative sul verdetto
La sentenza finale è attesa per il 23 maggio prossimo e al momento nessuno degli imputati si trova dietro le sbarre. Alcuni dei coinvolti presentano condizioni sanitarie precarie che potrebbero influenzare la decisione del tribunale riguardo alle pene inflitte. Le accuse formulate includono reati gravi come la rapina a mano armata e sequestro personale; tali crimini potrebbero comportare pene fino a trenta anni per alcuni membri della banda.
Nonostante buona parte dei beni rubati non sia mai stata recuperata dalle autorità competenti, l’attenzione mediatica su questo caso rimane alta mentre ci si prepara al verdetto finale del tribunale parigino.