La Filmoteca Vaticana e il cinema: un legame storico tra arte e fede

Nel 1959, Papa Giovanni XXIII fondò la Filmoteca Vaticana per preservare la memoria storica attraverso il cinema, segnando un’importante apertura della Chiesa verso l’arte e la cultura audiovisiva.
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Nel novembre del 1959, Papa Giovanni XXIII fondò la Filmoteca Vaticana, un gesto che rifletteva non solo la sua passione per il cinema, ma anche l’intento della Chiesa di preservare la memoria storica attraverso le produzioni audiovisive. Questa iniziativa si colloca in un contesto più ampio di apertura della Santa Sede verso l’arte cinematografica, avviato già durante gli anni del patriarcato di Roncalli a Venezia. Lo statuto della Filmoteca sottolinea l’importanza di raccogliere documenti significativi per la storia e la cultura, testimoniando così una volontà di dialogo con il mondo dell’arte.

La creazione della Filmoteca Vaticana seguì pochi mesi dopo una decisione cruciale: nel gennaio dello stesso anno, Giovanni XXIII annunciò inaspettatamente il Concilio Vaticano II nella sagrestia della basilica di San Paolo fuori le Mura. Questo evento segnò un cambiamento significativo nella storia recente della Chiesa cattolica. È interessante notare come proprio nelle navate di quella basilica si fosse svolto quindici anni prima uno dei gesti più audaci da parte della Santa Sede nei confronti del cinema: nel maggio del 1944, Pio XII autorizzò le riprese de “La porta del cielo”, film diretto da Vittorio De Sica e sceneggiato da Cesare Zavattini.

Un film emblematico

Il film “La porta del cielo” rappresenta oggi un’opera poco conosciuta ma significativa nel panorama cinematografico italiano. Quest’anno segna sia i sessant’anni dalla conclusione del Concilio Vaticano II che gli ottant’anni dall’uscita dell’opera stessa. Recentemente è stato reso nuovamente accessibile al pubblico grazie a un DVD prodotto dall’editore Mustang Entertainment in collaborazione con la Fondazione Memorie Audiovisive del Cattolicesimo e dopo un lavoro di restauro effettuato dal Centro CAST dell’Università Telematica Internazionale Uninettuno.

Questa pellicola è stata girata durante uno dei periodi più bui per Roma, sotto occupazione nazista; ciò ha contribuito a conferirle una sorta di leggenda che va oltre i confini degli appassionati cinefili. La diretta partecipazione della Santa Sede alla produzione ha reso questo film unico nel suo genere ed emblematico delle difficoltà affrontate dalla troupe durante le riprese tra bombardamenti e rastrellamenti.

L’intreccio tra realtà e finzione

“La porta del cielo” racconta il viaggio simbolico di malati su un “treno bianco” verso il santuario di Loreto alla ricerca di miracoli. Questo racconto può essere visto come una metafora delle esperienze vissute dalla troupe mentre girava clandestinamente in una Roma devastata dalla guerra. Il regista Vittorio De Sica riesce a catturare questa dualità attraverso uno sguardo profondo ed empatico verso i personaggi coinvolti nella narrazione.

Nonostante inizialmente fosse considerato minore rispetto ad altre opere neorealiste come “I bambini ci guardano” o “Sciuscià”, oggi emerge chiaramente che “La porta del cielo” anticipa temi fondamentali esplorati successivamente dal neorealismo italiano. La capacità narrativa mescola elementi umoristici con momenti cinici, creando così una connessione autentica tra vita reale e finzione cinematografica.

Una premiere straordinaria

Il primo screening ufficiale de “La porta del cielo” avvenne nel dicembre 1944 presso il Planetario di Roma grazie all’Azione Cattolica Italiana; quell’evento fu carico simbolicamente poiché si tenne poco dopo Natale nello scenario post-bellico romano appena liberato dal nazifascismo. In sala erano presenti figure importanti come De Sica stesso insieme allo sceneggiatore Zavattini e attori noti dell’epoca quali Maria Mercader e Massimo Girotti.

L’incontro tra personalità ecclesiali elevate – incluso Giovanni Battista Montini – ed esponenti dello star system cinematografico rappresentava già allora uno scambio culturale insolito ma significativo fra mondi apparentemente distanti fra loro.

Il ruolo cruciale della Chiesa

L’interesse particolare per questo progetto deriva anche dal fatto che fu la prima esperienza produttiva significativa per la Santa Sede nell’ambito non documentaristico; essa costituì quindi una convergenza unica fra due universi diversi trovando spazio attraverso l’espressione artistica comune offerta dal cinema.

Montini sostenne attivamente questa iniziativa proponendo addirittura l’utilizzo eccezionale della basilica quale set cinematografico; quel luogo sacro aveva già servito da rifugio durante i giorni bui dell’occupazione tedesca accogliendo chiunque cercasse salvezza dalle persecuzioni in corso a Roma.

De Sica stesso riconobbe quanto fosse importante quel progetto affermando che realizzare quel film lo salvò letteralmente dai rischi quotidiani legati all’occupazione tedesca; testimonianze simili evidenziano quanto profondamente queste esperienze abbiano influenzato sia gli artisti coinvolti sia lo sviluppo futuro delle relazioni fra Chiesa cattolica e mondo cinematografico.