Maxi truffa ai danni di Poste Italiane: condanne per tre imputati legati al bonus facciate

Il Tribunale di Verona condanna tre uomini per una truffa da 17 milioni di euro legata al bonus facciate, infliggendo pene fino a cinque anni e confiscando ingenti somme di denaro.
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Il Tribunale di Verona ha emesso ieri le condanne in primo grado per tre uomini coinvolti in una truffa ai danni di Poste Italiane, legata al bonus facciate. Questo incentivo fiscale era stato introdotto per promuovere il recupero e la valorizzazione degli edifici urbani. Le sentenze sono il risultato di un processo che ha rivelato un sistema fraudolento finalizzato all’ottenimento indebito di fondi pubblici.

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Le condanne inflitte

I tre imputati, Francesco Di Vara , Rocco Larosa e Silvano Zornetta , sono stati giudicati colpevoli di vari reati tra cui associazione per delinquere e truffa aggravata. Il collegio presieduto dal giudice Pasquale Laganà ha inflitto a Di Vara cinque anni di reclusione, una multa di 15 mila euro e la confisca di 860mila euro. Larosa è stato condannato a tre anni e sei mesi con una multa di novemila euro, oltre alla confisca di 850mila euro. Infine, Zornetta ha ricevuto una pena pari a tre anni e dieci mesi con una multa da diecimila euro e la confisca quasi totale dei suoi beni ammontante a circa 1,7 milioni.

Le accuse mosse contro gli imputati riguardano non solo l’associazione per delinquere ma anche l’autoriciclaggio dei proventi ottenuti tramite frode ai danni dello Stato. La gravità delle azioni perpetrate è stata sottolineata dalla Procura durante il processo.

Dettagli sul processo

Il procedimento penale si è aperto nel 2023 dopo indagini approfondite che hanno avuto origine in Sicilia prima della loro traslazione al Tribunale veronese. L’inchiesta ha rivelato un sistema complesso volto ad ottenere vantaggi economici attraverso dichiarazioni false relative al bonus facciate.

Gli imputati avrebbero utilizzato una piattaforma telematica per presentare crediti fittizi pari a circa 500mila euro derivanti da spese mai effettuate su interventi edilizi destinati alla riqualificazione delle facciate esterne degli edifici. Successivamente, queste somme venivano trasferite alle società amministrate dai colpevoli attraverso operazioni internazionali verso paesi come Spagna e Albania.

La requisitoria del pubblico ministero Alberto Sergi ha messo in luce i dettagli operativi della frode: i fondi ottenuti venivano portati all’estero prima che tornassero in Italia sotto forma d’investimenti o creazione d’impresa all’estero.

L’indagine approfondita

L’indagine si è dimostrata articolata ed efficace grazie anche alle intercettazioni telefoniche tra gli accusati che rivelavano stupore nei confronti dell’efficienza con cui Poste Italiane aveva gestito i pagamenti delle richieste fraudolente. In alcune conversazioni emergeva chiaramente l’intenzione degli imputati nel voler replicare lo stesso schema illecito anche sul Superbonus 110; tuttavia veniva prontamente smentita l’idea poiché consideravano le verifiche più severe rispetto al bonus facciate.

Nel corso dell’inchiesta sono state arrestate dieci persone mentre altre dodici risultavano indagate per pratiche illegittime relative a ben 159 casi specificatamente esaminabili dal punto vista giuridico ed economico. Il valore complessivo della frode si aggira intorno ai diciassette milioni d’euro; parte dei proventi sarebbe stata reinvestita in attività commerciali nella zona del lago Garda.

Al termine del processo abbreviato celebrato davanti al gup Maria Cecilia Vitolla erano stati inflitti ventitré anni complessivi agli altri complici coinvolti nell’operazione fraudolenta; mentre il pubblico ministero aveva chiesto ventuno anni totali come pena per i tre principali accusatori davanti al collegio Laganà.

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