Giuseppe Casucci, un pensionato di 66 anni residente a Ponticino, si trova al centro di una controversia con l’INPS che ha portato alla sospensione della sua pensione e a una richiesta di restituzione di oltre 42 mila euro. La vicenda è iniziata nel settembre del 2023 quando, in qualità di istruttore per i bambini dell’Arno Castiglioni Laterina, ha firmato un contratto che ha inavvertitamente compromesso il suo status pensionistico.
L’accordo e la firma errata
Nel 2021, grazie alla legge Quota 100, Giuseppe Casucci era riuscito ad andare in pensione e dedicarsi completamente alla sua passione per il calcio giovanile. Dal 1998 seguiva i ragazzi della squadra locale come istruttore. Tuttavia, tutto è cambiato quando i dirigenti della società sportiva gli hanno chiesto di firmare un documento per ottenere il rimborso spese.
Invece del consueto accordo informale che aveva sempre utilizzato fino ad allora, Casucci ha firmato un contratto di collaborazione coordinata e continuativa , entrato in vigore nel 2023 con un compenso annuale previsto intorno ai duemila euro. Questo tipo di contratto si è rivelato incompatibile con la percezione della sua pensione secondo le normative INPS.
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L’ente previdenziale ha quindi deciso di sospendere la pensione dell’uomo da giugno a dicembre del 2024 e gli ha richiesto indietro le mensilità percepite dal momento della firma del nuovo contratto fino all’interruzione dei pagamenti. Questa situazione lo ha messo in difficoltà economica poiché si è visto costretto a restituire una somma considerevole.
Le conseguenze fiscali
La situazione si è ulteriormente complicata con l’emissione del modello CUD derivante dal nuovo contratto lavorativo. Questo documento fiscale ha avuto ripercussioni sul suo modello 730 annuale, comportando anche un ulteriore onere fiscale da circa settecento euro.
Casucci non solo deve affrontare la restituzione delle somme ricevute dall’INPS ma ora deve anche far fronte alle nuove tasse generate dalla sua posizione lavorativa erroneamente assunta come compatibile con la pensione.
Per cercare una soluzione a questa ingiusta situazione economica causata da quello che lui stesso definisce “un errore fatto in buona fede,” Giuseppe si è rivolto ai patronati locali e ha presentato ricorso all’INPS intraprendendo anche azioni legali senza però ottenere risultati soddisfacenti finora.
La battaglia legale continua
“Mi rendo conto che ho sbagliato a fidarmi,” afferma Giuseppe Casucci riguardo alla firma apposta sul contratto co.co.co., “ma mi sembra ingiusto dover restituire una cifra così alta per qualcosa avvenuto senza malizia.” Il suo caso non rappresenta solo una questione personale ma evidenzia quanto sia delicata la posizione dei collaboratori sportivi italiani nei confronti delle normative previdenziali.
Dal gennaio scorso, dopo mesi senza ricevere alcun pagamento dall’INPS, Giuseppe sta riprendendo gradualmente a percepire nuovamente la propria pensione; tuttavia ogni mese dovrà rinunciare circa cinquecento euro fino al totale recupero dei quarantaduemila euro richiesti dallo Stato.
Il suo avvocato Paolo Prisco sta seguendo attentamente il caso ed esprime ottimismo: “Stiamo lavorando quotidianamente sulla questione.” Inoltre c’è stato l’interessamento diretto del presidente del CONI Giovanni Malagò che lo ha contattato personalmente promettendo supporto nella risoluzione della vicenda legale. La prima sentenza emessa non è stata favorevole ma ci sono speranze riposte nell’appello imminente dove potrebbero emergere nuovi sviluppi positivi basati su precedenti simili già trattati dai tribunali competenti.