Spotify sotto accusa: artisti protestano contro investimenti in tecnologie militari

Le critiche a Spotify si intensificano per i bassi compensi agli artisti e l’investimento del CEO in tecnologie militari, spingendo alcuni musicisti a rimuovere la loro musica dalla piattaforma.
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Negli ultimi anni, la piattaforma di streaming Spotify è stata oggetto di critiche crescenti da parte di musicisti e professionisti del settore musicale. Le lamentele riguardano principalmente i compensi irrisori che gli artisti ricevono per ogni ascolto, spesso ridotti a pochi millesimi di euro. Recentemente, le polemiche si sono intensificate dopo che sono emerse notizie su accordi tra Spotify e artisti “finti”, utilizzati per riempire le playlist con musica poco originale a costi contenuti. Nonostante queste critiche, molti cantanti continuano a mantenere la loro musica sulla piattaforma.

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Investimento controverso nel settore militare

Un episodio recente ha scatenato ulteriori reazioni negative nei confronti della società. Il fondo d’investimento del CEO di Spotify, Daniel Ek, ha deciso di finanziare con 600 milioni di euro la startup tedesca Helsing, specializzata in tecnologie militari. Questo investimento ha suscitato indignazione sui social media e ha portato alcuni artisti a prendere posizione pubblicamente contro questa scelta.

Auroro Borealo, un cantautore italiano noto nella scena indie, ha annunciato via Instagram che rimuoverà la sua musica da Spotify in segno di protesta contro l’investimento in Helsing. Borealo ha espresso il suo disappunto affermando: «Non mi è mai importato guadagnare pochi millesimi da ogni stream; ma quando gli introiti della mia musica vengono impiegati nel mercato delle armi, diventa insostenibile». La sua decisione non è stata presa alla leggera; egli spera che possa stimolare una riflessione più ampia tra i colleghi musicisti.

Anche i Deerhoof, band californiana attiva da oltre trent’anni e nota per le sue posizioni politiche radicali, hanno annunciato una simile iniziativa: «Non vogliamo che la nostra musica uccida le persone», hanno dichiarato. Questa scelta evidenzia come il tema dell’etica negli investimenti stia diventando sempre più centrale nel dibattito pubblico riguardo alle piattaforme musicali.

L’azienda Helsing e il suo ruolo nel conflitto

Helsing è stata fondata nel 2021 ed è specializzata nella produzione sia di droni militari sia nello sviluppo software per gestire operazioni belliche tramite intelligenza artificiale. I droni HF-1 e HX-2 prodotti dall’azienda sono stati venduti all’Ucraina durante il conflitto con la Russia e utilizzati dalle forze armate ucraine nella loro resistenza all’invasione russa. Fin dall’inizio della sua attività commerciale, Helsing ha ricevuto finanziamenti significativi dal fondo Prima Materia fondato da Ek.

Questa connessione tra un servizio musicale ampiamente utilizzato come Spotify e un’impresa coinvolta nell’industria bellica solleva interrogativi etici non indifferenti sul modo in cui gli introiti generati dalla musica vengano reinvestiti nelle attività aziendali dei fondatori delle piattaforme stesse.

Critiche famose al modello economico di Spotify

La questione dei compensi agli artisti su Spotify non è nuova; negli anni diversi musicisti celebri hanno espresso pubblicamente il loro discontento riguardo ai pagamenti esigui derivanti dagli streaming musicali sulla piattaforma. Piero Pelù si è recentemente unito al coro delle voci critiche nei confronti del CEO Ek: «Investirà i suoi soldi nella costruzione di droni ipertecnologici?», si chiede Pelù indignato.

Tuttavia, molti degli artisti più notabili continuano ad avere la propria musica disponibile su Spotify nonostante le lamentele passate riguardo ai diritti d’autore poco chiari ed equitativi offerti dalla piattaforma stessa. Cantautori come Taylor Swift o Thom Yorke avevano già tolto temporaneamente i propri brani dalla piattaforma per poi tornare indietro dopo qualche anno; questo dimostra quanto sia complesso abbandonare completamente una fonte così importante per visibilità ed entrate economiche.

Difficoltà nell’abbandonare le piattaforme

Per molti musicisti emergenti o meno conosciuti risulta difficile prendere decisioni drastiche come quella intrapresa da Borealo o dai Deerhoof poiché spesso non controllano direttamente i diritti sulle proprie opere musicali e devono fare affidamento sulle case discografiche con cui collaborano. Queste ultime tendono ad avere contratti standardizzati che prevedono quasi sempre l’inclusione sui servizi streaming principali come parte integrante della distribuzione musicale moderna.

Le etichette indipendenti possono essere più flessibili rispetto alle major quando si tratta delle richieste degli artisti, ma anche qui ci sono limiti praticabili legati alla sostenibilità economica degli stessi musicisti coinvolti nelle produzioni artistiche quotidiane.