Longevità nei mammiferi: perché alcuni vivono a lungo mentre altri invecchiano rapidamente

Uno studio dell’Università di Bath rivela che la longevità dei mammiferi è influenzata dalla dimensione del cervello e dall’efficacia del sistema immunitario, con implicazioni per l’invecchiamento umano.
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La durata della vita dei mammiferi è un argomento affascinante e complesso, che ha attirato l’attenzione di scienziati e appassionati di biologia. Recenti ricerche condotte dall’Università di Bath hanno messo in luce fattori chiave che influenzano la longevità, come le dimensioni del cervello e la robustezza del sistema immunitario. Questi studi offrono nuove prospettive su perché alcune specie, come i gatti, tendano a vivere più a lungo rispetto ad altre.

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Il ruolo del cervello nella longevità

Uno degli aspetti più interessanti emersi dallo studio riguarda il rapporto tra dimensione relativa del cervello e durata della vita. Analizzando i genomi di 46 specie diverse, i ricercatori hanno scoperto che una maggiore dimensione cerebrale è spesso correlata a una vita più lunga. I gatti, ad esempio, presentano un cervello proporzionalmente più grande rispetto ai cani e possiedono anche un numero superiore di geni legati al sistema immunitario.

Benjamin Padilla-Morales, uno degli autori dello studio, ha evidenziato come questa caratteristica possa offrire vantaggi comportamentali significativi per i gatti. Un cervello sviluppato non solo consente loro migliori capacità cognitive ma contribuisce anche alla resistenza contro le malattie. Questa combinazione sembra essere fondamentale per rallentare il processo di invecchiamento.

Inoltre, il sistema immunitario dei gatti risulta essere particolarmente efficace nel combattere infezioni e riparare tessuti danneggiati. Questo aspetto potrebbe spiegare perché questi animali domestici riescono a mantenere una buona salute anche in età avanzata.

Perché i cani vivono meno?

Sebbene alcune razze canine possano superare gli 12-13 anni di vita media, generalmente la loro aspettativa non raggiunge quella dei felini. La ricerca suggerisce che questo non dipenda solamente dalle dimensioni corporee delle varie razze canine ma da fattori genetici specifici.

I cani presentano infatti un cervello meno sviluppato rispetto ai gatti quando si considera la proporzione con il corpo ed hanno un repertorio genetico immunitario meno variegato. Queste caratteristiche possono renderli più suscettibili a malattie degenerative e ridurre così la loro longevità complessiva.

Le differenze tra cani e gatti sono quindi radicate nella biologia stessa delle due specie: mentre i felini sembrano aver evoluto strategie efficaci per affrontare le sfide ambientali attraverso lo sviluppo cognitivo e l’immunità robusta, molti cani potrebbero trovarsi svantaggiati sotto questi aspetti fondamentali.

Un panorama ampio sulla longevità animale

Lo studio dell’Università di Bath non si è limitato agli animali domestici; ha esplorato anche altre specie molto diverse tra loro come delfini ed elefanti. I risultati mostrano chiaramente che le specie longeve tendono ad avere una maggiore presenza di geni associati al sistema immunitario.

Ad esempio, cetacei come delfini e balene possono vivere rispettivamente fino a 39 anni e oltre 100 anni grazie alla combinazione delle grandi dimensioni cerebrali con sistemi immunitari altamente efficienti. Gli elefanti seguono lo stesso schema: con enormi cervelli ed elevate capacità difensive contro malattie infettive sono tra gli animali terrestri con maggiore aspettativa vitale.

Anche alcune eccezioni sorprendenti emergono dalla ricerca; ratti talpa o certuni pipistrelli godono anch’essi di vite insolitamente lunghe pur avendo piccole dimensioni cerebrale grazie all’evoluzione favorevole del loro genoma immune.

Prospettive future sulla genetica della longevità

Le scoperte fatte dai ricercatori aprono nuovi orizzonti nel campo della biomedicina riguardo alla comprensione dell’invecchiamento umano. L’intenzione dichiarata dal team è quella di approfondire ulteriormente lo studio dei geni associati al cancro per comprendere meglio quali meccanismi siano coinvolti nella durata della vita sia negli animali sia negli esseri umani.

Queste ricerche potrebbero fornire spunti utilissimi per sviluppare strategie mirate all’estensione della vita umana o al miglioramento delle difese contro patologie comuni legate all’età avanzata.

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