Giorgia Meloni sta intensificando gli sforzi per facilitare un dialogo di pace riguardante il conflitto in Ucraina, ora che si è aperto uno spiraglio attraverso la Santa Sede. Dopo aver superato un breve periodo di malattia, la premier italiana ha ripreso i contatti con Washington e ha informato Donald Trump della disponibilità del Papa a ospitare trattative tra le parti coinvolte nel conflitto. La situazione rimane complessa, con Mosca che esprime dubbi sulla sede dei negoziati.
I dubbi di Mosca sui negoziati
Nonostante l’apertura della Santa Sede a ospitare colloqui tra Ucraina e Russia, persistono incertezze da parte russa. Il governo di Mosca ha comunicato che non sono state ricevute proposte concrete dal Vaticano riguardo alla mediazione. Inoltre, il portavoce del Cremlino, Dmitry Peskov, ha affermato che non è stata presa alcuna decisione sulla sede dei futuri incontri diplomatici dopo quelli avvenuti a Istanbul lo scorso 16 maggio, conclusisi senza risultati significativi.
Le preoccupazioni delle Cancellerie europee aumentano poiché si teme che Vladimir Putin possa rifiutare l’incontro nella “tana del Leone”, un’espressione usata per descrivere il Papa come una figura non neutrale nel conflitto ucraino. Le dichiarazioni ufficiali russe sembrano indicare una mancanza di volontà al compromesso; pertanto, le prossime ore saranno cruciali per determinare se i negoziati possano effettivamente avere luogo presso la Santa Sede o se rimarranno solo un’idea suggestiva.
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La strategia passo dopo passo di Meloni
La strategia della premier Meloni si sviluppa gradualmente e richiede attenzione ai dettagli diplomatici. Dopo aver comunicato ai partner internazionali dell’apertura da parte del Papa e informando Trump – complicato dalla differenza oraria – Meloni ha concordato con Zelensky sull’importanza dell’inclusione della Turchia nei colloqui di pace. Recep Tayyip Erdoğan potrebbe svolgere un ruolo cruciale grazie alla sua posizione unica come mediatore tra le due nazioni belligeranti.
L’ultimo tentativo mediativo risale a una settimana fa durante i colloqui a Istanbul, ma anche questa volta non ci sono stati progressi tangibili verso una risoluzione pacifica. L’importanza della Turchia emerge chiaramente: oltre ad avere il secondo esercito più grande della NATO, Ankara mantiene relazioni sia con Kiev sia con Mosca; questo equilibrio potrebbe risultare decisivo nel promuovere ulteriormente il dialogo tra le parti coinvolte.
La neutralità turca come fattore chiave
La Turchia ha adottato una posizione neutrale rispetto al conflitto ucraino pur sostenendo pubblicamente l’integrità territoriale dell’Ucraina attraverso forniture militari come droni e componentistica bellica. Tuttavia, Ankara continua ad ampliare gli scambi commerciali con Mosca senza imporre sanzioni economiche contro la Russia; questo approccio pragmatico consente alla Turchia di mantenere canali aperti sia con Putin sia con Zelensky.
Con l’arrivo dell’amministrazione Trump alla Casa Bianca, il panorama diplomatico cambia nuovamente; tuttavia Erdogan rimane un attore fondamentale nelle dinamiche regionali ed europee relative alla sicurezza orientale. Non includere Ankara nei futuri sviluppi sarebbe considerabile un errore strategico significativo data la sua influenza crescente nella regione.
Nelle prossime ore potrebbero esserci nuovi contatti tra Kiev e Ankara mentre anche Roma cerca attivamente alleanze utili per favorire i negoziati sul fronte ucraino-russo.