L’attacco missilistico di Israele contro l’Iran, iniziato venerdì, ha avuto ripercussioni immediate sul mercato delle criptovalute. In particolare, il prezzo di Bitcoin ha subito un calo significativo, scendendo da 107.000 dollari a 103.000 dollari. Tuttavia, il mercato sembra aver recuperato parte della sua stabilità nel corso del weekend.
L’andamento di Bitcoin nel conflitto tra Israele e Iran
Il venerdì dell’attacco ha visto una chiusura delle borse che coincideva con una flessione iniziale del valore di Bitcoin. Alla chiusura dei mercati per il weekend, il prezzo della criptovaluta era risalito a 105.000 dollari dopo aver toccato un minimo di 103.000 dollari in risposta all’escalation militare.
Sabato si è registrata una nuova discesa che ha portato il valore a circa 104.000 dollari prima che si stabilizzasse nuovamente. È interessante notare come l’impatto dell’inizio del conflitto non abbia generato oscillazioni drammatiche nel prezzo di BTC; infatti, attualmente si trova in linea con i minimi registrati giovedì scorso prima dell’inizio degli attacchi.
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Le due discese avvenute venerdì e sabato hanno mostrato un comportamento simile ai minimi storici raggiunti alla fine di maggio; ciò suggerisce che la reazione iniziale dei mercati potrebbe essere stata più emotiva che basata su fondamentali economici solidi.
Il rimbalzo del prezzo di Bitcoin
Dopo le fluttuazioni iniziali dovute al conflitto, già nella giornata successiva al primo attacco i segnali indicavano un tentativo di recupero per Bitcoin. Tuttavia questo primo rimbalzo non è riuscito a mantenere la sua forza e si è arrestato quando il valore era tornato sopra i 106.000 dollari.
Con la riapertura delle borse nella notte seguente, c’è stato un vero e proprio rimbalzo che ha riportato Bitcoin vicino ai livelli precedenti all’attacco missilistico, intorno ai 107.000 dollari.
Un fattore determinante per questa ripresa sembra essere stato l’andamento del Dollar Index , uno strumento finanziario fondamentale per misurare la forza del dollaro rispetto ad altre valute globali; durante le ore in cui le borse erano chiuse non ci sono stati movimenti significativi nell’indice DXY ma alla riapertura esso è sceso sotto quota 98 punti sostenendo così la crescita temporanea della criptovaluta.
È importante notare come storicamente vi sia una correlazione inversa tra l’andamento del Dollar Index e quello dei prezzi delle criptovalute come Bitcoin; pertanto questo ribasso potrebbe aver contribuito positivamente al recente aumento dei valori BTC sul mercato.
La guerra tra Israele e Iran: impatti sui mercati
Nonostante gli eventi bellici in corso tra Israele e Iran possano sembrare preoccupanti dal punto di vista geopolitico ed economico, finora non hanno avuto effetti devastanti sul prezzo della criptovaluta principale come molti avrebbero potuto aspettarsi.
Due elementi specifici emergono dalla situazione attuale: innanzitutto sembra trattarsi principalmente di un conflitto locale senza coinvolgimenti diretti da parte degli Stati Uniti o altri grandi poteri mondiali; gli USA hanno scelto finora una posizione neutrale mentre anche la Russia non sta supportando militarmente l’Iran in questa fase critica.
In secondo luogo c’è stata anche speculazione sui mercati riguardo alla possibilità che questo conflitto possa avere esiti rapidi piuttosto che prolungarsi nel tempo; alcuni analisti ritengono infatti possibile una rapida capitolazione da parte iraniana se le pressioni militari aumentassero ulteriormente.
Questa percezione ottimistica potrebbe spiegare perché i mercati finanziari stiano mostrando fiducia nei confronti della resilienza economica durante questi eventi tumultuosi piuttosto che reagire con panico alle tensioni internazionali crescenti.
L’andamento dei prezzi petroliferi
Un aspetto cruciale legato agli sviluppi recenti riguarda inevitabilmente anche il settore energetico: l’Iran rappresenta uno dei principali produttori mondiali d’oro nero ed ogni tensione può influenzarne significativamente i prezzi globalmente.
Negli ultimi mesi abbiamo assistito ad una discesa costante nei prezzi petroliferi fino a meno di 60 dollari al barile ma negli ultimi giorni abbiamo visto segnali contrari con rialzi improvvisi fino a circa 70 dollari. Questo incremento è stato interpretato dai mercati come sintomo d’incertezza sull’offerta futura piuttosto che su reali aumentate richieste globali.
Sebbene tradizionalmente aumenti nei costi petroliferi possano essere visti positivamente dai trader quando derivano da maggiore domanda globale, ora invece potrebbero segnalare problematiche legate all’offerta causate dalle tensione geopolitiche correnti.
Nonostante queste preoccupazioni legate al settore energetico però oggi anche i future sull’S&P500 stanno mostrando segni positivi evidenziando quanto poco credano gli investitori nell’impatto negativo duraturo derivante dal conflitto israelo-iraniano sulle economie occidentali o sui loro asset finanziari complessivi.