La terza stagione di “Squid Game”, la serie sudcoreana che ha conquistato il pubblico mondiale, si conclude con un episodio finale che lascia il segno. Con una narrazione intensa e colpi di scena inaspettati, l’ultima puntata porta a termine le vicende dei protagonisti attraverso scelte estreme e simboliche. In questo articolo esploreremo i momenti salienti del finale, analizzando i temi centrali e le implicazioni delle decisioni dei personaggi.
Il futuro nelle mani della neonata
Nell’episodio conclusivo della terza stagione, nessuno dei concorrenti originali riesce a sopravvivere. Tra le vittime c’è Gi-hun , il protagonista principale, che si sacrifica per proteggere la figlia di Jun-hee , appena nata nel secondo episodio. La vera vincitrice del gioco è proprio Player 222, ovvero la neonata. Questo colpo di scena rappresenta un messaggio forte: il futuro è affidato a chi non può ancora parlare.
Il gioco finale, intitolato “Sky Squid Game”, si svolge in un’arena verticale composta da tre torri geometriche. Ogni round richiede l’eliminazione di almeno un concorrente ma solo se attivato da un pulsante specifico; senza questa azione, i decessi non vengono conteggiati nel punteggio del gioco. Gi-hun assume quindi il ruolo protettivo nei confronti della bambina mentre affronta Myung-gi , suo padre biologico deciso ad ucciderla per vincere.
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Dopo uno scontro violento tra Gi-hun e Myung-gi — quest’ultimo precipita dalla torre ma senza alcuna conseguenza nel contesto del gioco — Gi-hun deve scegliere tra tre opzioni: uccidere la bambina per vincere lui stesso o restare inattivo condannando entrambi alla morte oppure sacrificarsi per garantire alla neonata una vita futura. Optando per quest’ultima scelta, preme il pulsante decisivo prima di gettarsi nel vuoto.
Il messaggio profondo del creatore Hwang Dong-hyuk
Hwang Dong-hyuk ha rivelato che l’intento dietro al finale era quello d’ispirare speranza attraverso la figura della neonata come simbolo della prossima generazione. La scelta estrema compiuta da Gi-hun riflette una rinascita morale; egli rappresenta infatti una coscienza ritrovata in grado d’affrontare anche le situazioni più buie.
Durante le interviste promozionali dell’episodio conclusivo Hwang ha condiviso alcune riflessioni personali sul suo percorso creativo: “Ho iniziato a chiedermi quale tipo d’individuo voglio essere — pessimista o ottimista? Credo fermamente che anche nell’oscurità ci sia sempre spazio per trovare una luce.” Questa visione ottimistica emerge chiaramente dal gesto altruistico compiuto da Gi-hun verso la piccola Player 222.
Contrasti tra ideali e realtà sociale
In netto contrasto con l’altruismo mostrato da Gi-hun troviamo Myung-gi, personaggio emblematico delle peggiori tendenze sociali contemporanee secondo Hwang Dong-hyuk. La sua volontà d’uccidere propria figlia pur di ottenere denaro evidenzia quanto spesso gli esseri umani siano disposti a sacrificare valori fondamentali come famiglia e amore sull’altare dell’interesse personale immediato.
Questo aspetto viene ulteriormente amplificato dalla presenza dei VIP nella trama; questi spettatori cinici scommettono sulla vita degli altri senza alcuna empatia o considerazione morale riguardo alle conseguenze delle loro azioni sul destino degli individui coinvolti nei giochi mortali.
L’amore materno incarnato in Jun-hee
Jun-hee emerge come simbolo dell’amore materno durante lo sviluppo narrativo dell’episodio finale; ferita dopo aver partorito durante “Hide and Seek”, comprende rapidamente che non potrà partecipare al prossimo turno chiamato “Jump Rope”. Affida quindi sua figlia a Gi-hun nella speranza che possa proteggerla dal male presente nell’arena mortale.
Quando lui tenta disperatamente d’intervenire per salvarla rischia tutto ma Jun-hee decide invece d’immolarsi gettandosi nel vuoto affinché lui possa continuare a combattere per dare alla neonata una chance migliore nella vita futura. Jo Yu-ri ha dichiarato: “Spero davvero che gli spettatori vedano in Jun-hee quella forza indistruttibile tipica dell’amore materno.”
Un epilogo ambiguo ma definitivo
L’epilogo vede il Front Man ordinare l’evacuazione dell’isola dopo aver salvaguardato Player 222; questo gesto silenzioso rivela ancora qualche briciolo d’umanità rimasta dentro al personaggio malvagio fino all’ultimo momento utile prima della fine definitiva del gioco mortale. Se sei mesi dopo vediamo Front Man recarsi all’appartamento dove viveva Ga-young , figlia ormai orfana di Gi-Hoon portandole sia denaro vinto dal padre sia notizie sulla sua morte tragica avvenuta nell’arena sanguinosa.
Il destino ultimo sembra confermare quanto già anticipava Hwang Dong-Hyuk sin dall’inizio dello show: sebbene ci siano stati tentativi nobili volti ad affermare valori positivi come solidarietà ed altruismo, nulla cambia realmente poiché ciclicamente ci ritroviamo sempre intrappolati nelle stesse dinamiche distruttive.
Infine appare Cate Blanchett nei panni misteriosi ed intriganti reclutatori americani dando così spunto ad ipotesi su possibili sviluppi futuri legati all’universo narrativo creato attorno ai giochi letali coreani.
Concludendo questa analisi possiamo affermare senza dubbio alcuno che “Squid Game” si chiude definitivamente lasciando però aperta qualche porta verso nuove storie ambientate altrove rispetto alla Corea del Sud.