Nei primi mesi del 2025, i dati forniti dall’Agenzia delle Entrate evidenziano un significativo calo nei lavori edili legati ai bonus fiscali. Rispetto allo stesso periodo del 2024, si registra una diminuzione del 35%, passando da bonifici per un totale di 4.840 milioni di euro a soli 3.150 milioni. Questa situazione solleva interrogativi sulle reali conseguenze della riduzione dei bonus edilizi e sull’impatto che avrà sul settore.
I dati sui bonifici e il loro impatto fiscale
L’analisi dei dati mostra chiaramente che la diminuzione dei bonifici non rappresenta solo una questione statistica, ma ha ripercussioni dirette sulle finanze pubbliche. La ritenuta d’acconto dell’11%, applicata direttamente dalle banche sui bonifici relativi ai bonus edilizi, comporta un mancato incasso per lo Stato che non può essere trascurato. Con una differenza di lavori pari a circa 1.690 milioni di euro, il Fisco prevede una perdita immediata di entrate pari a circa 355 milioni di euro.
Questa cifra è suddivisa in due componenti principali: l’11% relativo alle ritenute d’acconto non percepite e il restante 10% derivante dal mancato incasso dell’Iva su queste operazioni edilizie. La riduzione degli incentivi fiscali sembra quindi avere effetti controproducenti sul bilancio statale, contrariamente all’intento iniziale di contenere la spesa pubblica.
Le modifiche ai bonus edilizi nel 2025
A partire dal gennaio scorso, le agevolazioni fiscali per i lavori edili sono state drasticamente ridotte rispetto agli anni precedenti. Il Superbonus è stato limitato al solo 65% e riservato esclusivamente ai condomini che avevano già approvato i progetti entro il mese di ottobre del precedente anno. Altri incentivi come il bonus ristrutturazione e l’ecobonus sono stati portati al livello base del 50%, ma con condizioni specifiche: devono riguardare la prima casa del contribuente o essere destinati a chi detiene diritti reali sull’immobile.
In assenza delle condizioni richieste, gli sgravi scendono ulteriormente al valore minimo del 36%. Anche se rimane attivo il bonus per le barriere architettoniche con un’agevolazione al 75%, questo è soggetto alle stesse restrizioni già introdotte nel corso dell’anno passato.
Le prospettive future indicano ulteriori tagli: nel prossimo anno si prevede che gli sgravi attuali scendano ancora più in basso, con quelli al momento fissati al 50% passare addirittura al valore del solo 36%. Inoltre, dalla stagione fiscale successiva saranno sottoposti a controlli più severi coloro i cui redditi superano quota settantacinquemila euro.
Le prospettive negative per il settore edile
Il calo nei volumi lavorativi previsti appare destinato ad aggravarsi nei prossimi mesi poiché molti progetti avviati grazie agli incentivi precedenti stanno giungendo alla conclusione senza possibilità immediate di nuovi interventi compensativi da parte dello Stato o privati cittadini interessati ad investire in opere significative.
La storia recente dimostra come l’entità degli investimenti sia strettamente correlata alla disponibilità degli sgravi fiscali; senza questi ultimi molte opere rischiano semplicemente di non essere realizzate oppure verranno eseguite in modo irregolare attraverso canali informali o sommersi da parte dei proprietari privati desiderosi comunque d’intervenire sugli immobili senza rispettare le normative vigenti.
Un ulteriore aspetto critico riguarda l’impatto economico generale sulla raccolta fiscale relativa all’Irpef e all’Ires; minori investimenti significano anche meno entrate tributarie per lo Stato italiano oltre ad aumentare la possibilità che molte imprese edili possano trovarsi costrette a ricorrere alla cassa integrazione per far fronte alla crisi occupazionale imminente nel settore costruzioni.
L’arrivo della direttiva Ue sulle case green
Con l’approvazione della direttiva Ue riguardante la riqualificazione energetica degli edifici residenziali ci si aspetta un ulteriore aggravamento della situazione attuale poiché molti edificatori dovranno affrontare sfide significative legate agli obblighi normativi imposti dalla nuova legislazione europea.
Tuttavia resta aperta la questione su come convincere proprietari riluttanti o impossibilitati economicamente ad effettuare tali interventi necessari; infatti potrebbe risultare poco attraente anche l’incremento previsto nella valutazione patrimoniale post-riqualificazione energetica soprattutto tra coloro che hanno raggiunto una certa età o abitano aree dove gli immobili nuovi presentano prezzi molto competitivi rispetto alle spese necessarie per miglioramenti strutturali sostanziali.
In sintesi quindi ci troviamo davanti a uno scenario complesso dove le misure adottate fino ad oggi potrebbero generare effetti indesiderabili sia sul mercato immobiliare sia sulla stabilità economica generale delle famiglie italiane coinvolte nelle dinamiche relative ai lavori edilizi.