La regione di Mandalay, in Myanmar, sta affrontando una crisi senza precedenti a causa di conflitti armati e un recente terremoto. La Chiesa locale ha lanciato un appello urgente per la necessità di aiuti umanitari, sottolineando che senza interventi immediati le condizioni delle popolazioni colpite potrebbero deteriorarsi ulteriormente con l’arrivo della stagione dei monsoni.
Situazione attuale nella regione di Mandalay
Negli ultimi due anni, la regione di Sagaing ha visto intensificarsi i conflitti tra il governo e forze locali. Le città principali sono sotto il controllo delle autorità governative, mentre le aree più remote sono dominate da gruppi armati. Una voce anonima dell’arcidiocesi di Mandalay ha descritto come questa situazione abbia reso difficile la vita quotidiana degli abitanti. “Le persone devono rimanere costantemente aggiornate sulle notizie per garantire la propria sicurezza”, afferma la fonte. I bambini possono frequentare le scuole solo quando è garantita una certa sicurezza; inoltre, molte strutture sanitarie sono state chiuse o funzionano solo parzialmente.
Il terremoto del 28 marzo ha aggravato ulteriormente questa già precaria situazione. Le scosse hanno distrutto case e infrastrutture vitali, lasciando molti senza riparo e accesso a servizi essenziali come ospedali o cliniche adeguate. In questo contesto drammatico, i giovani cercano opportunità all’estero o si arruolano nelle forze armate locali nel tentativo di migliorare le proprie condizioni.
Leggi anche:
L’impegno della Chiesa locale
In risposta alla crisi umanitaria crescente, l’arcidiocesi di Mandalay ha aperto chiese e conventi per accogliere gli sfollati che hanno perso tutto a causa del sisma. Sono state allestite tende temporanee presso il complesso della Chiesa di San Michele per fornire rifugio agli afflitti dal disastro naturale. Anche i sacerdoti vivono situazioni difficili; alcuni dormono fuori dalle loro abitazioni abituali mentre assistono gli sfollati.
“Sacerdoti e religiosi ascoltano le storie delle persone colpite”, racconta l’arcidiocesi al Sir. “Non ci rivolgiamo solo ai cattolici ma anche a coloro che seguono altre fedi”. Gli sforzi includono distribuzioni regolari di beni alimentari e assistenza sanitaria alle famiglie vulnerabili in difficoltà economica.
La comunità ecclesiastica sta lavorando anche alla riparazione degli edifici danneggiati dal terremoto ed è attivamente coinvolta nella gestione delle operazioni d’emergenza con il consenso delle autorità locali.
Rischio crescente con l’arrivo del monsone
Con oltre tre settimane consecutive caratterizzate da forti piogge dopo il sisma, i rischi aumentano notevolmente per chi vive nei campi temporanei allestiti dalla Chiesa o in rifugi improvvisati fatti con teloni o bambù. Al 15 maggio scorso si erano registrate ben 174 scosse sismiche nella zona circostante; queste continuano ad aggiungere stress alle già fragili strutture abitative rimaste in piedi dopo il terremoto iniziale.
Il timore principale riguarda ora l’arrivo imminente della stagione dei monsoni: “Senza un supporto urgente – avvertono dall’arcidiocesi – temiamo che le inondazioni possano aumentare notevolmente il rischio sanitario.” La mancanza d’acqua potabile sicura ed igiene adeguata potrebbe portare a malattie gravi tra bambini ed anziani già provati dalla situazione attuale.
L’arcidiocesi fa appello affinché vengano forniti rifugi più resistenti rispetto agli attuali ripari temporanei; altrimenti sarà difficile garantire sicurezza e benessere durante questi mesi critici dell’anno climatico birmano.