Il docufilm “Mauro Corona: La mia vita finché capita“, diretto da Niccolò Maria Pagani e con la voce narrante di Giancarlo Giannini, è stato presentato in anteprima venerdì all’Auditorium Santa Chiara di Trento. Questo evento si inserisce nel programma del Trento Film Festival e segna l’imminente uscita del film nelle sale cinematografiche, prevista per il 5 maggio grazie alla distribuzione di Wanted Cinema.
Un ritratto dell’artista poliedrico
Niccolò Maria Pagani, milanese e giornalista diventato regista, ha realizzato un’opera che esplora la vita di Mauro Corona attraverso una narrazione intima e personale. Il film è patrocinato dal Club Alpino Italiano e sostenuto dalla Friuli Venezia Giulia Film Commission. Mauro Corona viene descritto come l’uomo delle tre “S”: scrittore, scultore e scalatore. A 75 anni continua a sfidare i ghiacciai con il suo carattere tenace, incarnando lo spirito della montagna.
La pellicola non si limita a raccontare le sue imprese artistiche ma offre uno spaccato della sua esistenza complessa. Attraverso interviste e momenti di convivialità con figure come Erri de Luca, Davide Van De Sfroos e Piero Pelù, gli spettatori possono cogliere le sfumature della sua personalità. Questi incontri avvengono attorno a un bicchiere di vino o davanti a un falò che accende ricordi ed emozioni condivise.
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Infanzia difficile tra fragilità ed esperienze
La narrazione si sofferma sull’infanzia complicata di Mauro Corona, segnata da relazioni difficili con i genitori. Le sue fragilità emergono nei racconti delle intemperanze giovanili e dei conflitti familiari che hanno influenzato profondamente la sua crescita personale. Il film mette in luce come queste esperienze abbiano forgiato il suo carattere irsuto ma autentico.
Corona rivela anche il suo metodo creativo: scrive inizialmente a mano prima di trasferire i suoi pensieri su computer per le pubblicazioni editoriali. Questa pratica riflette un legame profondo con la tradizione letteraria che contrasta nettamente con l’uso della tecnologia moderna nella scrittura contemporanea.
Le opere letterarie sono parte integrante del racconto; passaggi tratti dai suoi libri arricchiscono la narrazione visiva del documentario. In particolare viene citata una frase significativa da “Le altalene” , dove descrive la montagna come una presenza imponente ma neutra nella vita degli uomini.
Riflessioni sulla bellezza della vita
Nel corso del film emerge anche una riflessione sul lato bello dell’esistenza nonostante le difficoltà personali affrontate da Corona nel corso degli anni. L’artista parla dell’importanza dei piccoli piaceri quotidiani come camminate nei boschi d’autunno o momenti trascorsi insieme agli amici più cari.
Queste immagini evocative contrastano fortemente con i fantasmi che lo perseguitano durante le notti solitarie; ricordi dolorosi legati al passato familiare affiorano quando meno se lo aspetta. I momenti più autentici sembrano quelli vissuti nella cucina fumosa della casa d’infanzia ad Erto Vecchia o mentre affronta gli impervi ghiacciai delle Dolomiti.
L’interazione tra Mauro Corona e i suoi amici arricchisce ulteriormente questo ritratto umano: discussioni su radici culturali o sul rapporto con la natura rivelano connessioni profonde tra arte ed esperienza personale.
Il docufilm si presenta quindi non solo come un tributo alla figura artistica di Mauro Corona ma anche come uno strumento per comprendere meglio l’essenza umana dietro alle sue opere.