Un recente studio internazionale condotto da ricercatori della Sapienza di Roma, dell’Università di St. Andrews e dell’Università di Vienna ha messo in luce un aspetto sorprendente del comportamento degli scimpanzé selvatici: il tamburellare. Pubblicato sulla rivista Current Biology, questo lavoro offre nuove prospettive sull’origine della musicalità nell’essere umano, evidenziando come i primati producano ritmi distintivi a seconda delle regioni africane in cui vivono.
Il tamburellare degli scimpanzé
La ricerca ha osservato undici comunità appartenenti a sei popolazioni diverse di scimpanzé distribuite tra Africa occidentale e orientale. Gli scienziati hanno notato che questi primati colpiscono con mani e piedi le radici piatte degli alberi nella foresta pluviale, creando suoni che possono viaggiare per oltre un chilometro. Questo comportamento non è solo una forma di comunicazione; gli scimpanzé mostrano schemi ritmici riconoscibili nei loro tamburellamenti.
Le differenze nei ritmi prodotti dagli scimpanzé variano notevolmente tra le popolazioni. Gli esemplari occidentali tendono a utilizzare battiti regolari e rapidi, simili al ticchettio di un metronomo, mentre quelli orientali presentano ritmi più complessi con variazioni temporali significative tra i colpi. Queste osservazioni suggeriscono che la capacità musicale potrebbe avere radici evolutive comuni sia negli esseri umani che negli scimpanzé.
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Implicazioni per la comprensione della musicalità umana
Vesta Eleuteri, prima autrice dello studio, sottolinea l’importanza delle differenze riscontrate nei comportamenti sonori degli scimpanzé rispetto agli stili musicali umani. La scoperta implica che la musicalità non è esclusivamente un prodotto culturale ma possiede anche profonde radici biologiche e sociali. Jelle van der Werff dell’ateneo romano aggiunge che il ritmo rappresenta l’elemento strutturante della musica stessa; questa tendenza all’isocronia si manifesta tanto negli scimpanzé quanto nelle culture umane.
Questa ricerca apre nuovi orizzonti nel campo delle neuroscienze cognitive e nella comprensione dell’evoluzione del linguaggio musicale umano. Andrea Ravignani della Sapienza evidenzia come il comportamento percussivo degli scimpanzé possa costituire una base condivisa con l’uomo per lo sviluppo della musicalità nel corso dell’evoluzione.
Riflessioni sul valore conservazionistico
Oltre ai risvolti cognitivi ed evolutivi, lo studio ha anche implicazioni significative dal punto di vista conservazionistico. Catherine Hobaiter dall’Università di St Andrews mette in guardia sul fatto che ogni gruppo di scimpanzé possiede un’identità sonora unica; pertanto, la perdita di una comunità comporta anche la scomparsa del suo stile ritmico caratteristico. Questo aspetto solleva interrogativi sulla preservazione delle specie animali in via d’estinzione e sull’importanza dei loro comportamenti culturali.
In sintesi, gli studi sugli scimpanzé continuano a rivelare sorprendenti parallelismi con gli esseri umani: oltre alla creazione di utensili sofisticati e alle complesse strutture sociali già documentate precedentemente, questi primati dimostrano una sensibilità al ritmo potenzialmente fondamentale per comprendere le nostre tradizioni musicali contemporanee.