La lotta contro il riscaldamento globale sta spingendo la comunità scientifica a esplorare soluzioni innovative e audaci. Tra queste, gli spray solari emergono come una delle tecniche più discusse nel campo della geoingegneria climatica. Tuttavia, mentre alcuni ricercatori vedono in queste tecnologie una possibile risposta alla crisi climatica, altri esprimono preoccupazioni riguardo ai potenziali rischi e alla mancanza di regolamentazioni chiare.
Cosa sono le tecniche di gestione delle radiazioni solari
Per comprendere il dibattito attuale sulla geoingegneria climatica, è fondamentale definire cosa si intende con questo termine. La geoingegneria comprende un insieme di tecnologie progettate per modificare deliberatamente il clima terrestre al fine di limitare l’aumento delle temperature globali. La semplice riduzione delle emissioni di CO₂ potrebbe non essere sufficiente a fronteggiare gli effetti devastanti del cambiamento climatico.
Nel contesto attuale, caratterizzato da temperature record che superano le soglie stabilite dai trattati internazionali come l’Accordo di Parigi, la questione diventa sempre più urgente. Secondo le proiezioni attuali, se non si interviene con decisione entro il 2030 potremmo superare stabilmente i 1,5 °C rispetto ai livelli preindustriali.
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Una branca della geoingegneria è rappresentata dalla gestione delle radiazioni solari , che mira a riflettere parte della luce solare nello spazio per ridurre l’energia che raggiunge la superficie terrestre. L’obiettivo principale è aumentare l’albedo globale – ovvero la capacità di riflessione della Terra – permettendo così al pianeta di assorbire meno calore.
Come funzionano gli aerosol nella stratosfera
In natura esistono superfici capaci di riflettere notevoli quantità di luce solare; ad esempio, la neve fresca può arrivare a riflettere fino al 90% della radiazione incidente. Tuttavia, ricoprire interamente la Terra con neve non è praticabile come soluzione per raffreddarla. Gli aerosol stratosferici rappresentano un’alternativa più realistica e studiata nel campo della geoingegneria.
Questi aerosol vengono rilasciati nell’atmosfera per aumentare la sua riflettività e bloccare parte dell’irraggiamento solare prima che raggiunga il suolo o i mari. Il biossido di zolfo emerge come uno dei composti principali utilizzati nei modelli sperimentali; esso viene emesso durante eruzioni vulcaniche ed ha dimostrato storicamente capacità significative nel raffreddamento temporaneo del clima terrestre.
Un esempio emblematico è rappresentato dall’eruzione del Monte Pinatubo nel 1991: liberando circa 20 milioni di tonnellate di biossido di zolfo nella stratosfera ha generato un velo aerosolico capace d’influenzarne significativamente le temperature globali nei mesi successivi all’eruzione.
Esperimenti in corso nel Regno Unito e negli Stati Uniti
Negli ultimi anni diversi Paesi hanno avviato programmi volti allo studio degli effetti degli aerosol stratosferici attraverso esperimenti controllati sul campo. Il Regno Unito ha preso l’iniziativa in Europa avviando esperimenti sull’aerosol stratosferico all’interno del programma pubblico “Exploring Climate Cooling“. Questo programma include anche ricerche sulle tecniche chiamate cloud brightening destinate ad aumentare la densità delle nuvole rendendole più riflettenti rispetto alla luce solare.
Il finanziamento complessivo destinato a questi progetti ammonta a circa 56 milioni di sterline e include iniziative specifiche come Marine Cloud Brightening e BrightSpark tra gli altri studi innovativi sulla nebulizzazione marina.
Negli Stati Uniti, invece, enti governativi come NOAA investono da anni nella ricerca sulla geoingegneria, solarizzando diverse iniziative tra cui quella dell’Earth’s Radiation Budget Initiative con finanziamenti significativi destinati allo studio degli effetti degli spray nelle nubi marine attraverso modelli predittivi avanzati basati su dati raccolti da esperimenti precedenti.
L’approccio europeo alla ricerca sugli spray solari
L’Unione Europea sta seguendo lo sviluppo della geoingegneria ma senza finanziare direttamente esperimenti sul campo relativi agli spray solari; piuttosto ha stanziato fondi considerevoli per lo studio teorico delle SRM al fine d’elaborarne un quadro normativo comune fra i vari Stati membri.
Il progetto Genie rappresenta uno dei principali sforzi europei volto ad analizzare sotto vari aspetti sociali ed economici le implicazioni legate all’uso dell’aerosol atmosferico nella lotta contro il cambiamento climatico.
Inoltre, recenti rapporti elaborati da gruppi scientifico-politici hanno sottolineato l’importanza d’un approccio prudente verso qualsiasi intervento su larga scala suggerendo raccomandazioni chiare riguardo sicurezza e responsabilità nell’applicazione pratica delle nuove tecnologie climatiche sviluppate dagli scienziati europei.
La situazione italiana nella ricerca sulla geoingegneria
Anche in Italia ci sono sforzi significativi diretti verso lo sviluppo teorico relativo agli spray solari tramite simulazioni modellistiche piuttosto che test pratici sul campo. L’Università dell’Aquila ha creato un modello climatico specificamente progettato per simulazione d’iniezioni aerosolitiche nella stratosfera analizzando sia i benefici sia le eventualità problematiche associate alle applicazioni previste.
I risultati ottenuti dalle simulazioni condotte dal team accademico italiano forniscono informazioni preziose sui possibili impatti climatici derivanti dall’utilizzo dei composti chimici selezionabili, contribuendo così ad ampliare le conoscenze necessarie prima d’intraprendere azioni concrete.
Le sfide future della geoingegneria
Attualmente manca ancora un quadro normativo internazionale chiaro riguardante l’applicazione pratica degli interventi legati alla geoingegneria. Non esiste alcun trattato globale specificamente dedicato né autorità competenti preposte all’autorizzazione della eventuale operatività concreta. Alcuni strumenti giuridici già esistenti possono fornire riferimenti indiretti ma risultano insufficientemente strutturali rispetto alle esigenze contemporanee.
Recentemente anche organizzazioni internazionali hanno evidenziato necessità urgenti relative apertura dialoghi fra stati nazionali onde evitare sperimentazioni unilateralistiche, ponendosi obiettivi comuni quali trasparenza, sicurezza e responsabilità.
La questione centrale rimane se tali misure siano realmente efficaci o debbano essere considerate solo opzioni temporanee mentre altre strategie fondamentali continuino ad occupare posizione prioritaria nelle politiche ambientali globalmente riconosciute.