La classifica del New York Times: il cinema italiano e la sua assenza nel nuovo canone

Il New York Times ha pubblicato la sua lista dei cento migliori film del ventunesimo secolo, evidenziando la predominanza di Hollywood e il limitato riconoscimento del cinema italiano, rappresentato solo da “Chiamami col tuo nome”.
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La settimana scorsa, il New York Times ha rivelato la sua lista dei cento migliori film del ventunesimo secolo, suscitando un acceso dibattito tra critici e appassionati di cinema. Con oltre cinquecento esperti coinvolti nella votazione, tra cui registi e attori di fama internazionale, l’elenco offre uno spaccato interessante sul panorama cinematografico contemporaneo. Tuttavia, emerge una questione cruciale: quale spazio occupa il cinema italiano in questo nuovo canone? E come si confronta con l’egemonia predominante della produzione hollywoodiana?

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Un elenco anglocentrico ma non solo

L’analisi della classifica mette in luce una chiara predominanza di titoli provenienti da Hollywood. Infatti, circa tre quinti dei film selezionati sono prodotti statunitensi. Nonostante ciò, ci sono anche opere significative da altre cinematografie globali. In cima alla lista troviamo “Parasite”, un thriller sudcoreano che ha conquistato il pubblico mondiale grazie alla sua incisiva critica sociale. Altri titoli degni di nota includono “In the Mood for Love” di Wong Kar-wai , “La città incantata” di Hayao Miyazaki e “City of God” .

Per quanto riguarda l’Europa, i risultati sono misti: mentre la Germania riesce a piazzare due film nella top 100 , la Francia si distingue con ben sei opere che spaziano dal dramma al fantastico. L’unica pellicola italiana presente è “Chiamami col tuo nome”, diretta da Luca Guadagnino nel 2017; un dato che solleva interrogativi sulla posizione del cinema italiano nel contesto internazionale.

Chiamami col tuo nome: unico rappresentante dell’Italia

“Chiamami col tuo nome” occupa la posizione numero 37 nella classifica ed è l’unica opera italiana a essere menzionata. Questo film ha ricevuto ampi consensi sia dalla critica che dal pubblico sin dalla sua uscita negli Stati Uniti prima ancora che in Italia. La storia d’amore tra Elio Perlman e Oliver è stata acclamata per la sua delicatezza narrativa e per le interpretazioni intense dei protagonisti Timothée Chalamet e Armie Hammer.

Tuttavia, questa presenza isolata fa riflettere sull’attuale stato del cinema italiano rispetto ai suoi illustri predecessori come Federico Fellini o Vittorio De Sica, i cui lavori continuano a brillare nelle classifiche storiche internazionali ma sembrano non trovare corrispondenza nelle valutazioni contemporanee.

Il paradosso della grande tradizione italiana

Il fatto che registi italiani come Nanni Moretti o Marco Bellocchio abbiano realizzato opere premiate nei festival europei senza però ottenere visibilità in questa nuova lista pone interrogativi sul perché alcuni cineasti riescano ad affermarsi più facilmente all’estero rispetto ad altri.

Moretti ha diretto “La stanza del figlio”, vincitore della Palma d’Oro al Festival di Cannes nel 2001; tuttavia non ha avuto lo stesso impatto commerciale negli Stati Uniti rispetto ad altre produzioni europee o americane. Anche Bellocchio ha realizzato film significativi legati alla storia italiana recente ma spesso privi dell’appeal necessario per attrarre un pubblico globale.

I nomi noti: Garrone e Sorrentino

Matteo Garrone e Paolo Sorrentino rappresentano i nomi più noti emersi nel panorama cinematografico italiano degli ultimi anni; entrambi hanno ottenuto riconoscimenti importanti nei festival internazionali ma senza riuscire a entrare nella lista stilata dal New York Times.

Garrone ha riscosso successo con “Gomorra” ma le sue tematiche specifiche potrebbero aver limitato la diffusione negli USA; allo stesso modo Sorrentino con “La grande bellezza” aveva creato un’opera celebrativa su Roma capace di attrarre attenzione globale senza però garantire una permanenza duratura nell’immaginario collettivo americano.

Nuove voci emergenti: Alice Rohrwacher

Un altro nome interessante è quello di Alice Rohrwacher, regista toscana apprezzata dalla critica internazionale per il suo stile unico caratterizzato da elementi di realismo magico ambientati nelle campagne italiane. Film come “Le meraviglie” hanno ricevuto riconoscimenti importanti ai festival internazionali suggerendo una crescente considerazione verso nuove narrazioni italiane capaci potenzialmente di guadagnarsi spazio anche nei circuiti americani futuri.

Rohrwacher potrebbe rappresentare quella voce fresca necessaria affinché il cinema italiano torni a farsi sentire su scala globale; tuttavia resta da vedere se avrà l’opportunità concreta per affermarsi accanto ai grandi nomi già consolidati.

Guadagnino: simbolo dell’autorialità italiana all’estero

Luca Guadagnino emerge quindi come figura centrale nel discorso sullo stato attuale del cinema italiano all’estero grazie al suo approccio cosmopolita alle produzioni cinematografiche. Con opere girate prevalentemente in inglese ed ambientate fuori dall’Italia pur mantenendo fortemente radicate le sue origini culturali italiane riesce ad attrarre attenzione sia critica sia commerciale su scala mondiale.

“Chiamami col tuo nome”, insieme agli altri suoi lavori recenti come “Suspiria” o “A Bigger Splash”, dimostrano quanto possa essere potente una narrazione universale capace comunque d’integrare elementi locali distintivi.