Solomon, un giovane eritreo di 29 anni, ha finalmente trovato la libertà dopo tre anni di odissea in Libia. Grazie a un’evacuazione umanitaria avvenuta il 25 giugno scorso e al protocollo siglato dalla Comunità di Sant’Egidio con il governo italiano, è riuscito a entrare nel paese attraverso vie legali e sicure. Questa storia rappresenta non solo una vittoria personale per Solomon, ma anche un esempio delle sfide che molti migranti affrontano nel tentativo di raggiungere l’Europa.
La fuga dall’Eritrea e il viaggio verso la Libia
La vita di Solomon è segnata da una fuga disperata dal regime dittatoriale eritreo. Nel 2017 ha lasciato il suo paese natale per cercare rifugio prima in Etiopia e poi a Khartum, in Sudan, insieme alla moglie e al loro neonato. Tuttavia, le speranze si sono infrante quando si è trovato costretto a rivolgersi ai trafficanti per raggiungere la Libia. Qui ha vissuto esperienze terribili: venduto come merce tra bande criminali e costretto a pagare riscatti elevati per ottenere la libertà.
Dopo aver raggiunto Tripoli, Solomon ha dovuto nascondersi dalle retate razziali dei miliziani locali. In questo contesto difficile ha deciso di non arrendersi: insieme ad altri membri della sua comunità ha avviato corsi online per insegnare alfabetizzazione e inglese ai bambini nati durante il viaggio che non avevano accesso alla scuola tradizionale.
L’intervento della Comunità di Sant’Egidio
La situazione drammatica dei migranti in Libia è stata portata all’attenzione della Comunità di Sant’Egidio da Avvenire. Daniela Pompei, responsabile dei servizi per immigrati e rifugiati dell’organizzazione umanitaria, spiega come abbiano attivato i corridoi umanitari grazie alla collaborazione con l’UNHCR . Attraverso colloqui virtuali con i rifugiati bloccati in Libia hanno potuto identificare persone vulnerabili come Solomon da evacuare.
Pompei sottolinea che ci saranno ulteriori evacuazioni entro fine anno; recentemente alcuni profughi afghani sono stati accolti a Roma tramite lo stesso protocollo umanitario. La speranza rimane alta anche se le difficoltà persistono.
La dura realtà dei migranti in Libia
Oggi Solomon racconta dalla sicurezza romana quanto sia ancora critica la situazione dei migranti a Tripoli. Molti continuano ad arrivare attraverso rotte sempre più rischiose provenienti dal Sudan o dall’Egitto; spesso questi viaggi finiscono tragicamente con morti nel deserto o annegamenti nel Mediterraneo.
I trafficanti trattano i nuovi arrivati senza pietà: privandoli del cibo e dell’acqua necessaria alla sopravvivenza mentre le milizie locali li perseguitano incessantemente sotto pretesto del controllo dell’immigrazione illegale. Le testimonianze parlano anche della scomparsa misteriosa di molti migranti africani nelle strade libiche o nei fondali marini.
Il supporto psicologico tra i rifugiati eritrei
Nonostante le dure condizioni vissute dai rifugiati eritrei in Libia, Solomon sta contribuendo attivamente al benessere della sua comunità attraverso incontri online gratuiti dedicati agli adulti vulnerabili colpiti dai traumi subiti durante gli anni trascorsi nella guerra civile libica.
Insieme alle sue amiche Saron Tesfahuney e Makda Resom hanno organizzato sessioni settimanali su consapevolezza psicologica condotte da insegnanti volontari; queste lezioni hanno avuto un impatto positivo su molte persone aiutandole ad affrontare le proprie esperienze traumatiche passate.
In aggiunta alle attività psicosociali sono stati realizzati corsi creativi come scrittura teatrale che hanno coinvolto generosi donatori nella creazione di un gruppo lettura settimanale dove discutere opere letterarie ed esplorare nuove idee artistiche insieme agli autori stessi quando possibile.
Il sogno finale: ricongiungersi con la famiglia
Ora che si trova finalmente libero a Roma dopo aver superato numerosi ostacoli lungo il cammino verso una vita migliore, l’ultimo desiderio rimane quello di incontrarsi nuovamente con sua moglie ed il figlio tornati temporaneamente in Etiopia. Nonostante tutto ciò che ha passato, rimane ansioso riguardo alla loro sicurezza poiché sa bene quanto possa essere instabile quella regione.
Con determinazione continua ad alimentare speranze sia personali sia collettive, dimostrando così come ogni piccolo gesto possa fare differenza nella vita degli altri.