Il Senato della Repubblica ha approvato ieri una significativa riforma costituzionale che introduce la separazione delle carriere dei magistrati. Il testo, già licenziato dalla Camera, ha ricevuto 106 voti favorevoli da parte del centrodestra, mentre le opposizioni – composte da Partito Democratico , Movimento 5 Stelle e Alleanza Verdi e Sinistra – hanno espresso il loro dissenso con 61 voti contrari. Le astensioni sono state 11, provenienti da Italia Viva e Azione. Questo passaggio rappresenta un momento cruciale non solo per la legislatura in corso ma anche per l’intero operato del governo Meloni, avvicinando il referendum confermativo che si terrà nel 2026.
La seduta al Senato: toni contenuti e assenze significative
La seduta di ieri ha presentato un aspetto curioso: i toni dell’aula non sono stati così accesi come ci si aspettava considerando l’importanza della riforma. Per la prima volta dall’arrivo di questo disegno di legge a Palazzo Madama, era presente il ministro della Giustizia Carlo Nordio. Tuttavia, gli scranni del governo erano in gran parte vuoti; solo Luca Ciriani e Francesco Paolo Sisto erano presenti accanto a Nordio per rappresentare l’esecutivo su una questione così rilevante. Dopo l’approvazione della riforma, Giorgia Meloni ha commentato tramite un post sui social media sottolineando che si tratta di un passo importante verso un impegno preso con gli italiani.
Nonostante le parole positive della premier riguardo alla necessità di rendere il sistema giudiziario più efficiente ed equo, molti esperti sostengono che basterebbero leggi ordinarie per affrontare i problemi noti della giustizia senza dover intraprendere una strada controversa come quella attuale. Il disegno di legge prevede infatti due Consigli Superiori della Magistratura : uno dedicato ai magistrati giudicanti e uno ai magistrati requirenti. Questa divisione solleva preoccupazioni sul fatto che i magistrati requirenti possano allontanarsi dalla cultura giurisdizionale tradizionale.
Le preoccupazioni delle opposizioni sulla nuova struttura
Le forze politiche dell’opposizione esprimono forti timori riguardo alle implicazioni future di questa riforma. Rappresentanti di Avs come Peppe De Cristofaro e membri del M5s come Roberto Scarpinato hanno messo in guardia contro una possibile subordinazione dei pubblici ministeri al governo stesso attraverso le leggi attuative previste dalla riforma. Queste potrebbero attenuare l’obbligatorietà dell’azione penale e modificare profondamente il potere disciplinare all’interno dell’ordinamento giudiziario.
Infatti, secondo quanto previsto dal ddl approvato, il potere disciplinare verrebbe sottratto ai due Csm esistenti per essere trasferito a una nuova Alta Corte disciplinare creata ad hoc. Questo cambiamento suscita timori tra le opposizioni riguardo alla possibilità che vengano introdotti meccanismi coercitivi nei confronti dei magistrati stessi.
Durante la votazione finale ci sono state manifestazioni visibili da parte dei senatori del Pd: alcuni hanno esposto simbolicamente frontespizi capovolti della Costituzione italiana mentre altri membri del M5s mostrano foto emblematiche degli eroi antimafia Giovanni Falcone e Paolo Borsellino accompagnate dalla scritta “non nel loro nome”.
Reazioni nel centrodestra: soddisfazione tra gli alleati
Nel campo politico opposto è stata evidente la soddisfazione degli esponenti di Forza Italia . Durante le dichiarazioni finali prima del voto Pier Antonio Zanettin ha parlato dal seggio storicamente occupato da Silvio Berlusconi; anche Antonio Tajani era presente in aula insieme ad altri ministri Fi per sostenere questa importante iniziativa legislativa dedicandola simbolicamente all’ex premier scomparso.
La separazione delle carriere è considerata uno degli elementi chiave nelle tre grandi riforme promesse dal centrodestra durante la campagna elettorale; tuttavia è rimasta indietro rispetto ad altre proposte più avanzate come quelle relative al premierato o all’autonomia differenziata. In passato vi erano stati malumori tra i forzisti proprio su questo punto.
Ora si prospetta un periodo intenso fino alla primavera del 2026 quando avrà luogo il referendum confermativo sull’intervento normativo appena approvato dal Parlamento italiano; sia Ciriani sia Nordio hanno espresso fiducia nella volontà popolare affinché i cittadini possano pronunciarsi su questioni tanto delicate quanto fondamentali per lo stato democratico italiano.
Franceschini ha però ricordato agli alleati governativi che tale consultazione potrebbe trasformarsi inevitabilmente in uno strumento politico contro l’attuale governo Meloni simile a quanto accaduto con quello sulla riforma Boschi-Renzi nel 2016.