Disputa fiscale tra Italia e piattaforme social: Meta, X e LinkedIn pronte al contenzioso

Italia avvia una controversia fiscale contro Meta, X e LinkedIn per il pagamento dell’IVA sui dati personali, con possibili ripercussioni legali e normative a livello europeo.
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Una controversia fiscale di rilevanza internazionale si sta sviluppando tra Italia e alcune delle più grandi piattaforme social statunitensi. Per la prima volta, il caso potrebbe arrivare in tribunale dopo che i tentativi di risolvere la questione attraverso accordi extragiudiziali non hanno avuto successo. L’Agenzia delle Entrate ha avviato un procedimento formale contro Meta, X e LinkedIn, dando vita a un contenzioso che potrebbe avere ripercussioni significative.

Avviso di accertamento dell’Agenzia delle Entrate

Nel mese di marzo 2025, l’Agenzia delle Entrate ha notificato un avviso di accertamento formale a Meta, X e LinkedIn. A differenza del passato, quando le aziende avevano raggiunto transazioni per evitare conflitti legali simili, questa volta non è stato possibile trovare un accordo. Le società coinvolte hanno ricevuto 60 giorni per presentare ricorso; questo termine sarebbe potuto essere esteso a 90 giorni qualora avessero richiesto una proposta d’intesa.

Le tre aziende hanno rispettato il termine stabilito depositando ufficialmente appello presso una commissione tributaria a metà luglio. Questo passaggio segna l’inizio di una battaglia legale che potrebbe durare anni. Secondo quanto riportato da Reuters, fonti vicine alla situazione confermano che le aziende stanno preparando la loro difesa in vista del contenzioso fiscale.

La posizione dell’Agenzia delle Entrate

La richiesta avanzata dall’Italia si basa su una tesi controversa: secondo il fisco italiano, anche la registrazione gratuita su una piattaforma social rappresenterebbe una forma di pagamento perché implica uno scambio economico in cambio dei dati personali degli utenti. Di conseguenza, l’Agenzia richiede alle tre società il pagamento dell’IVA sulle “transazioni” generate da questi scambi.

Le cifre richieste sono notevoli: si parla di circa 887 milioni di euro per Meta, 140 milioni per LinkedIn e 12 milioni per X. Questa impostazione mira non solo al recupero dei fondi dovuti ma anche all’affermazione di un nuovo principio impositivo sul valore economico dei dati personali forniti dagli utenti in cambio dell’accesso ai servizi online gratuiti.

Implicazioni europee della disputa

Il cuore della questione va oltre le singole somme richieste; se il tribunale dovesse accettare la posizione italiana riguardo al valore economico dei dati personali nel contesto della fornitura gratuita dei servizi online, questo creerebbe un precedente giuridico significativo nell’intera Unione Europea dove l’IVA è armonizzata.

Un eventuale riconoscimento da parte della giustizia italiana potrebbe influenzare altre nazioni europee ad adottare posizioni simili nei confronti delle grandi piattaforme digitali statunitensi. La questione solleva interrogativi importanti sulla regolamentazione del mercato digitale europeo e sul modo in cui vengono trattati i dati degli utenti nelle transazioni commerciali online.

Fase processuale e possibili sviluppi futuri

Dopo il deposito dei ricorsi presso la commissione tributaria provinciale a metà luglio scorso si apre ora una fase complessa del processo legale che seguirà i tre gradi giudiziari previsti dalla legge italiana. Questo significa che potrebbero passare diversi anni prima che venga emessa una sentenza definitiva sulla questione.

Nonostante ciò ci sono attese riguardo nuovi incontri tra l’Agenzia delle Entrate italiana ed esponenti della Commissione Europea attraverso il “Comitato IVA”. Questi incontri potrebbero portare a considerazioni su soluzioni alternative al contenzioso giudiziario aperto con le piattaforme social americane. Sebbene eventuali decisioni prese dal comitato non siano vincolanti per lo Stato italiano potrebbero comunque influire sulle scelte future riguardanti questa disputa fiscale significativa.