Domenico Iannacone presenta la nuova serie di “Che ci faccio qui” su Rai 3: un viaggio nella fragilità umana

La serie “Che ci faccio qui” di Domenico Iannacone, in onda su Rai 3, esplora la perdita della memoria e l’Alzheimer, evidenziando storie di resilienza e giustizia sociale.
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La nuova serie di Domenico Iannacone, “Che ci faccio qui“, debutta martedì 20 maggio su Rai 3. Questo programma si propone di esplorare tematiche profonde e complesse legate all’esistenza umana, affrontando questioni come la fragilità della mente, il mistero della vita e della morte, la cura verso ogni forma vivente e il bisogno di appartenenza. La prima puntata intitolata “Ricordati di me – Capitolo I” si concentra sulla perdita della memoria.

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La perdita della memoria e l’Alzheimer

Il primo episodio affronta una delle esperienze più dolorose per l’essere umano: la perdita della memoria. L’Alzheimer e altre forme di demenza rappresentano condizioni devastanti che cancellano i volti familiari, smarriscono i legami affettivi e dissolvono l’identità personale. Attraverso le storie raccolte nel Centro Diurno Ra.Gi. di Catanzaro, fondato da Elena Sodano, Iannacone mette in luce una forma innovativa di cura che va oltre l’assistenza tradizionale.

Nel centro vengono promosse relazioni significative tra operatori e pazienti, dove l’ascolto attivo diventa uno strumento fondamentale per restituire dignità a chi vive questa difficile condizione. Le testimonianze dei familiari dei pazienti rivelano quanto sia importante mantenere viva la comunicazione anche quando sembra che il tempo abbia perso il suo significato.

Le storie raccontate nel programma non sono solo un modo per sensibilizzare sul tema dell’Alzheimer; esse offrono anche uno spaccato delle emozioni vissute dai caregiver che spesso si trovano a fronteggiare situazioni estremamente complesse senza alcun supporto adeguato.

La storia di Pino Astuto

Accanto alle narrazioni del Centro Diurno Ra.Gi., emerge quella toccante di Pino Astuto. A soli otto anni è stato rinchiuso nell’ex manicomio di Girifalco senza mai ricevere una diagnosi psichiatrica formale. Ha trascorso trentadue anni in isolamento forzato; un’esperienza ingiusta che avrebbe potuto annientare qualsiasi traccia del suo passato o identità.

Tuttavia, Pino ha scelto di custodire i suoi ricordi come atto simbolico contro l’ingiustizia subita. Oggi la sua voce diventa necessaria per dimostrare che anche in condizioni estreme è possibile mantenere viva una parte fondamentale dell’essere umano: la propria memoria personale.

Il racconto non è solo quello del dolore ma anche quello della resilienza; attraverso gli occhi e le parole di Pino Astuto viene messa in evidenza l’importanza del ricordo come rifugio dalla solitudine imposta da una società spesso indifferente ai destini degli invisibili.

Un approccio empatico alla realtà sociale

Che ci faccio qui” continua così a svolgere un ruolo cruciale nel dare voce agli invisibili nella nostra società contemporanea. Con uno sguardo empatico verso le storie narrate dai protagonisti degli episodi, il programma invita alla riflessione su temi fondamentali quali giustizia sociale ed inclusione.

Iannacone riesce a far emergere situazioni quotidiane cariche d’emozione attraverso un linguaggio semplice ma incisivo; questo approccio consente al pubblico non solo d’informarsi ma anche d’interrogarsi sulle proprie responsabilità nei confronti degli altri membri della comunità.

In questo modo, “Che ci faccio qui” diventa più che un semplice format televisivo: si trasforma in uno spazio dedicato alla coscienza civile dove ogni storia raccontata contribuisce a costruire una maggiore consapevolezza sui diritti umani fondamentali.

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