Elettra di Sofocle: il dramma del matricidio in scena al teatro greco di Siracusa

La sessantesima stagione dell’Istituto Nazionale del Dramma Antico presenta “Elettra” di Sofocle, diretta da Roberto Andò, esplorando temi di vendetta e solitudine attraverso una nuova traduzione e musiche originali.
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La sessantesima stagione dell’Istituto Nazionale del Dramma Antico si arricchisce con la rappresentazione di “Elettra” di Sofocle, diretta da Roberto Andò. Questo classico della tragedia greca affronta temi complessi come il matricidio e la solitudine, portando sul palco un’interpretazione intensa e coinvolgente. La nuova traduzione è firmata da Giorgio Ieranò, mentre le musiche originali sono composte da Giovanni Sollima.

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La regia di Roberto Andò

Roberto Andò debutta al teatro greco con una regia che ha già suscitato l’interesse del pubblico e della critica. L’allestimento scenico presenta un palazzo di Micene che sembra collassare su se stesso, simbolo della distruzione interiore dei personaggi. Un grande letto si staglia in un angolo della scena, evocando l’immagine centrale del mito: il talamo familiare diventato luogo di morte e tradimento. Gli attori interagiscono con questo elemento scenografico in modo sottile; esso è presente ma rimane invisibile per loro.

L’attrice Sonia Bergamasco interpreta Elettra nel suo esordio al teatro greco, portando sul palco una figura tormentata dalla perdita e dal dolore. Il suo abbigliamento stracciato riflette non solo la miseria materiale ma anche quella emotiva; i suoi movimenti rapidi suggeriscono una mente afflitta da pensieri ossessivi legati alla vendetta contro sua madre Clitennestra.

Il coro delle donne

Il coro femminile gioca un ruolo cruciale nell’opera, cercando invano di placare l’ira crescente di Elettra. Le loro voci risuonano come eco delle sue sofferenze interiori; esse rappresentano una comunità che cerca comprensione ma non riesce a colmare il vuoto lasciato dalla perdita paterna. Le parole pronunciate dalle donne rivelano quanto sia profonda la crisi esistenziale vissuta dalla protagonista: “tutta mi sto consumando”, afferma Elettra mentre riflette sulla sua solitudine.

In questa interpretazione emerge chiaramente il conflitto tra maternità e assassinio; Elettra accusa sua madre non solo per aver ucciso Agamennone ma anche per aver ceduto all’amore adultero con Egisto. La tensione tra questi due aspetti diventa palpabile nella recitazione degli attori e nella costruzione drammaturgica dell’opera.

L’ossessione per il passato

Elettra è tormentata dall’immagine della madre insieme all’amante nel letto familiare; questo ricordo diventa simbolo del tradimento più profondo subito dalla giovane donna. In diverse occasioni ripete frasi che evidenziano questa ossessione: “mia madre e quello che si è messa dentro il letto”. La regia riesce a trasmettere visivamente questa lotta interna attraverso scelte sceniche incisive.

Quando Clitennestra appare finalmente sulla scena interpretata da Anna Bonaiuto, lo scontro tra madre e figlia raggiunge un apice drammatico senza precedenti. Qui si sposta l’attenzione dall’assassinio paterno alla relazione adulterina della madre; questo cambio narrativo mette in luce quanto sia complesso ed intricato il legame familiare fra i protagonisti.

Il matricidio come atto finale

Il momento culminante dell’opera avviene quando Oreste compie l’atto finale contro Clitennestra senza alcun ripensamento o esitazione morale apparente. A differenza delle versioni precedenti dei miti tragici dove c’è spazio per dubbi o consultazioni oracolari, qui Oreste agisce su impulso diretto dato dalla sorella Elettra che lo spinge verso la vendetta.

Dopo aver commesso gli omicidi necessari a ristabilire un equilibrio distorto nella famiglia reale micenea, Elettra rimane sola nel palazzo desolato dei genitori; essa occupa uno spazio congelato nel tempo mentre le conseguenze delle sue azioni continuano ad ardere intorno a lei come fuoco inestinguibile.

Questa produzione offre uno sguardo nuovo su “Elettra“, rendendo evidente quanto siano attuali i temi trattati nell’opera originale: vendetta, solitudine ed eros sono elementi universali che continuano a risuonare nel nostro presente culturale.

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