Il telescopio spaziale James Webb ha recentemente fornito immagini straordinarie che rivelano decine di piccole galassie, fondamentali per comprendere la trasformazione cosmica che ha portato l’Universo primordiale a quello attuale. Queste scoperte offrono nuove prospettive sull’evoluzione delle galassie e sul ruolo cruciale della luce ultravioletta nella storia dell’Universo.
Scoperte sorprendenti dal telescopio spaziale
Grazie ai dati raccolti dal JWST, gli astronomi hanno identificato numerose piccole galassie che hanno avuto un impatto significativo sulla formazione dell’Universo. Isak Wold del Goddard Space Flight Center della NASA ha spiegato come queste galassie siano in grado di produrre una quantità di luce ultravioletta ben oltre le aspettative. La sensibilità delle analisi condotte è dieci volte superiore rispetto agli studi precedenti, dimostrando così l’esistenza di un numero sufficiente di queste galassie e la loro capacità energetica per guidare cambiamenti cosmici cruciali.
Il JWST non si limita a osservare; il suo potere analitico consente agli scienziati di esplorare il passato remoto dell’Universo. Ogni immagine catturata rappresenta una finestra temporale su come apparivano le stelle quando la luce è stata emessa, permettendo così ai ricercatori di calcolare con precisione le distanze e i tempi relativi delle varie galassie.
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Come funziona il telescopio spaziale Webb
Il funzionamento del JWST si basa sulla cattura della luce emessa dalle stelle, un processo complesso che richiede tempo a causa della velocità finita della luce stessa. Gli astronomi possono stimare quanto lontana sia una stella misurando il tempo impiegato dalla sua luce per raggiungere la Terra. Questo significa che più lontana è una galassia, più antica è l’immagine ottenuta.
Dal suo lancio nel 2021, il JWST ha rivoluzionato lo studio dello spazio profondo. Ha scoperto oggetti celesti precedentemente invisibili all’occhio umano o ad altri strumenti scientifici. Un esempio notevole è JADES-JS-z-14-0, attualmente considerata la galassia più distante conosciuta fino ad oggi, formata circa 290 milioni di anni dopo il Big Bang.
Utilizzando tecniche avanzate come la fotometria e spettroscopia, gli scienziati sono in grado non solo di ottenere immagini ma anche confermare le distanze esatte delle varie sorgenti luminose osservate nel cosmo primordiale.
L’origine dell’Universo e il ruolo del telescopio Webb
L’Universo nei suoi primi miliardi d’anni era avvolto in una densa nebbia composta principalmente da idrogeno neutro. Con l’avanzare del tempo questo gas si è ionizzato attraverso processi noti come reionizzazione; un fenomeno fondamentale nella storia cosmica che ha suscitato molte domande tra gli esperti riguardo ai responsabili principali: erano grandi o piccole galassie? O forse buchi neri supermassicci?
Proprio per rispondere a tali interrogativi nasce il progetto del telescopio Webb: uno strumento concepito specificamente per indagare questa transizione cruciale nell’evoluzione dell’Universo stesso. Recentemente sono emerse evidenze secondo cui le piccole galassie in fase di formazione stellare potrebbero aver giocato un ruolo determinante durante questo periodo critico.
Oggi queste piccole strutture rappresentano solo circa l’1% delle nostre vicinanze cosmiche ma erano molto più abbondanti quando l’Universo aveva circa 800 milioni d’anni ed era caratterizzato da intense attività stellari.
Dettagli sulle recenti scoperte scientifiche
Un team internazionale ha concentrato i propri sforzi nella ricerca e nell’identificazione delle cosiddette “starburst”, ovvero quelle piccole galassie con segni evidenti di intensa formazione stellare primordiale. James Rhoads spiega come queste formazioni raccolgano meno idrogeno neutro intorno a sé facilitando così l’emissione della potente luce ultravioletta necessaria alla reionizzazione.
Le osservazioni si basano su dati già esistenti provenienti dall’imaging NIRCam insieme a nuove rilevazioni effettuate tramite NIRSpec . Il programma UNCOVER , coordinato da Rachel Bezanson presso l’Università di Pittsburgh in Pennsylvania, mira ad esplorare questi fenomeni attraverso mappature dettagliate degli ammassi galaxyari come Abell 2744 situati a circa quattro miliardi d’anni luce dalla Terra.
Questa ricerca ha permesso agli astronomi non solo d’individuare ben 83 piccoli oggetti celesti starburst risalenti all’età cosmica ma anche selezionarne venti per ulteriori approfondimenti utilizzando tecnologie avanzate disponibili al JWST.