La Nato si impegna a incrementare la spesa per difesa: l’Italia punta al 5% del Pil entro il 2035

Il vertice NATO ha sancito l’impegno dell’Italia ad aumentare la spesa per difesa al 5% del PIL entro il 2035, senza compromettere altre priorità governative.
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Il recente vertice dei capi di Stato e di governo della Nato ha portato a un accordo significativo, con l’impegno di aumentare la spesa per difesa e sicurezza fino al 5% del Prodotto interno lordo entro il 2035. La premier Giorgia Meloni ha espresso ottimismo riguardo alla dichiarazione finale, sottolineando che tali impegni sono sostenibili per l’Italia. Inoltre, ha escluso l’attivazione della clausola di salvaguardia richiesta da alcuni Paesi dell’Unione Europea per il 2026.

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L’impegno italiano verso la sicurezza

Giorgia Meloni ha evidenziato che l’incremento della spesa dal 2% attuale non è lontano dagli obiettivi già fissati nel 2014, quando l’Italia si era impegnata ad aumentare le proprie spese militari. Attualmente, il Paese destina circa il 1% del Pil alle spese per la difesa e un ulteriore 1,5% alla sicurezza in senso più ampio. Secondo Meloni, queste risorse sono necessarie non solo per garantire una maggiore protezione militare ma anche per affrontare questioni come la migrazione irregolare e le infrastrutture critiche.

La premier ha affermato che oggi la questione della sicurezza abbraccia una gamma molto ampia di temi: dalla protezione dei confini nazionali all’innovazione tecnologica. Ha sottolineato come sia fondamentale mantenere forte l’Italia in un contesto internazionale complesso e sfidante.

Nessun impatto sulle altre priorità governative

Meloni ha ribadito che gli investimenti nella difesa non andranno a detrimento delle altre priorità governative. Ha chiarito che ogni euro destinato alla sicurezza sarà gestito senza compromettere altri settori fondamentali dell’amministrazione pubblica italiana. Questo approccio mira a garantire una visione equilibrata delle esigenze nazionali senza sacrificare altri ambiti cruciali come sanità ed educazione.

In risposta alle preoccupazioni relative ai costi elevati previsti nei prossimi anni—circa cento miliardi da reperire in dieci anni—la premier ha affermato che i numeri circolanti sembrano distaccati dalla realtà economica attuale. Ha assicurato che i calcoli effettuati dal governo indicano chiaramente come sia possibile evitare l’attivazione della clausola di salvaguardia nel prossimo futuro.

Il ruolo delle imprese italiane nella nuova strategia

Un altro punto centrale sollevato da Meloni riguarda il coinvolgimento del tessuto produttivo italiano nell’ambito degli investimenti previsti nel settore della difesa e della sicurezza. La premier sostiene infatti che parte significativa delle risorse dovrebbe essere utilizzata per rafforzare le aziende italiane, creando così opportunità economiche espansive.

Meloni vede questa strategia come un’opportunità virtuosa: se gestita correttamente potrebbe generare nuove risorse economiche attraverso lo sviluppo industriale legato agli investimenti nella difesa. Tuttavia, resta aperta la sfida sulla capacità delle imprese italiane di adattarsi a questi nuovi impegni finanziari significativi.

L’approccio proposto dalla presidente del Consiglio invita quindi a considerare gli aumenti nelle spese non solo come costi ma anche come potenziali ritorni sull’economia nazionale nel lungo termine.