In “Marerittet”, il film diretto da Rasmussen, la protagonista Mona affronta una discesa nella follia che mette in luce le dinamiche del gaslighting sia da parte del partner che dei medici. La narrazione si concentra sulla solitudine e sullo stato di disorientamento di Mona, evidenziando le pressioni sociali a cui è sottoposta come donna. Questo articolo esplora i temi principali del film, analizzando come la storia riesca a colpire profondamente lo spettatore.
Il gaslighting relazionale: Robby e le sue manipolazioni
Il personaggio di Robby gioca un ruolo cruciale nel deterioramento psicologico di Mona. Fin dall’inizio, utilizza frasi inclusive come “noi vogliamo” per esercitare una forma subdola di controllo su di lei. Questa strategia non solo confonde Mona ma la costringe a mettere in discussione le proprie scelte e desideri. Le sue richieste riguardo alla ristrutturazione della casa o al desiderio di avere un figlio diventano strumenti per minare l’autonomia della protagonista.
Robby fa leva sulle insicurezze personali e sociali che affliggono molte donne, insinuando che il rifiuto della maternità sia legato a una presunta psicosi. In realtà, ciò che emerge è la pressione sociale esterna: essere madre è visto come un dovere imprescindibile. Questa manipolazione porta Mona a vivere un conflitto interiore profondo tra ciò che realmente desidera e ciò che gli altri si aspettano da lei.
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La rappresentazione delle dinamiche relazionali nel film offre uno spaccato realistico delle difficoltà affrontate dalle donne contemporanee nell’affermare la propria identità al di fuori degli stereotipi tradizionali legati alla maternità e al ruolo femminile nella società.
Il gaslighting medico: una scena disturbante
Un altro aspetto inquietante del film è rappresentato dal gaslighting medico subito da Mona durante una visita ginecologica. Qui, il ginecologo cerca attivamente di farle cambiare idea sull’aborto attraverso domande invasive sul perché non voglia tenere il bambino. Questa scena mette in evidenza quanto possa essere opprimente l’approccio paternalistico presente nel sistema sanitario nei confronti delle donne.
Il medico non solo richiede giustificazioni per la scelta personale ma si spinge anche oltre chiedendo l’approvazione del padre del feto, mostrando lo sviluppo embrionale con intento intimidatorio. Questo comportamento riflette una cultura medica ancora radicata in concezioni antiquate riguardo alla salute riproduttiva femminile.
“Marerittet” riesce così ad affrontare tematiche cruciali relative ai diritti delle donne sul proprio corpo e alle pressioni esterne cui sono sottoposte quando prendono decisioni autonome riguardanti la maternità o meno. L’atteggiamento coercitivo dei professionisti sanitari nei confronti delle pazienti contribuisce ad alimentare sentimenti già presenti nelle protagoniste vulnerabili come quella interpretata da Mona.
Riflessioni sulla condizione femminile contemporanea
Il film non si limita a raccontare una storia individuale; piuttosto offre uno specchio su problematiche più ampie legate alla condizione femminile oggi. Attraverso i vari livelli di oppressione vissuti dalla protagonista – sia all’interno della relazione con Robby sia nelle interazioni con figure autoritarie – “Marerittet” invita gli spettatori a riflettere sulle aspettative socialmente imposte alle donne.
Mona diventa simbolo delle lotte quotidiane contro le pressioni normative su cosa significhi essere donna nella società moderna; queste aspettative possono generare ansia ed isolamento profondo quando ci si sente intrappolate tra ruoli contraddittori imposti dall’esterno e i propri desideri interiori.
La narrazione culmina nell’ambiguità tra reale ed irreale: sebbene vi siano elementi horror nel racconto, ciò che rende davvero inquietante è l’esperienza umana autentica vissuta dalla protagonista sotto forma d’angoscia esistenziale causata dalle oppressioni quotidiane piuttosto che dalla presenza fisica d’un mostro tangibile.