Teatro e rinascita: il progetto di Beckett nel carcere di Castrovillari

Un progetto teatrale nella Casa Circondariale di Castrovillari coinvolge i detenuti nella rappresentazione di “Finale di partita” di Beckett, promuovendo dialogo, riflessione e rinascita attraverso l’arte.
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Nella Casa Circondariale “Rosetta Sisca” di Castrovillari, si è concluso un importante progetto teatrale intitolato “Un lungo silenzio si fece udire. Viaggio nel mondo di Beckett”. Questo percorso ha visto la partecipazione attiva dei detenuti e ha messo in scena l’opera “Finale di partita” di Samuel Beckett, trasformando il carcere in un palcoscenico per la cultura e l’arte.

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Un teatro che abbatte le barriere

Il progetto ha avuto come obiettivo principale quello di utilizzare il teatro come strumento per favorire il dialogo e la riflessione tra i detenuti. La scelta dell’opera “Finale di partita” non è stata casuale; i temi affrontati da Beckett, come l’attesa, la solitudine e la ricerca del senso della vita, hanno risuonato profondamente con le esperienze vissute dai partecipanti. Attraverso questo lavoro artistico, i detenuti hanno potuto esplorare le proprie emozioni e storie personali in un contesto che normalmente limita tali espressioni.

La rappresentazione finale si è svolta in due fasi: inizialmente al Teatro Sybaris per poi culminare nell’auditorium interno del carcere. Qui, gli attori professionisti Katia Sartore e Fedele Battipede hanno affiancato i detenuti sul palco sotto la direzione del regista Casimiro Gatto. Questa collaborazione ha permesso ai protagonisti non solo di recitare ma anche di vivere un’esperienza condivisa che ha superato le barriere fisiche imposte dalla reclusione.

Il supporto istituzionale

Il successo dell’iniziativa è stato possibile grazie alla sensibilità dimostrata dal direttore dell’istituto penitenziario, dott. Giuseppe Carrà, insieme al supporto dei responsabili dell’area educativa dott. Luigi Bloise e dott.ssa Elisabetta Grisolia. Anche il personale della polizia penitenziaria guidato dal comandante dott. Carmine Di Giacomo ha giocato un ruolo cruciale nel garantire una cornice sicura per lo svolgimento delle attività teatrali.

In aggiunta a questi sforzi istituzionali, fondamentale è stato anche il sostegno economico fornito dalla Fondazione Carical che ha creduto nella validità del progetto fin dall’inizio. Questo investimento non solo ha reso possibile l’allestimento dello spettacolo ma ha anche contribuito a creare uno spazio dove arte ed espressione possono prosperare anche all’interno delle mura carcerarie.

Un messaggio universale attraverso l’arte

L’intera esperienza si è rivelata molto più che una semplice rappresentazione teatrale; essa rappresenta una vera opportunità per ricostruire identità personali all’interno del contesto carcerario spesso percepito come desolante. Il teatro diventa così un veicolo potente per affrontare questioni esistenziali profonde e complesse legate alla condizione umana.

Attraverso questo percorso artistico sono emerse emozioni autentiche che hanno toccato sia gli spettatori sia gli interpreti stessi; momenti intensi durante le prove così come nelle performance pubbliche hanno generato riflessioni significative su libertà, speranza e redenzione personale.

L’incontro tra prigionieri ed opere classiche offre uno spunto prezioso su quanto possa essere forte il desiderio umano di connessione ed espressione creativa anche nei luoghi più difficili da vivere quotidianamente. In questo modo “Un lungo silenzio si fece udire” diventa non solo titolo ma simbolo della possibilità umana sempre presente: quella della rinascita attraverso l’arte.

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