Il film “L’amore che ho”, diretto da Paolo Licata, racconta la vita di Rosa Balistreri, una delle figure più emblematiche della canzone popolare siciliana. Attraverso una narrazione non lineare, il regista esplora le sfide e le sofferenze vissute dalla protagonista, mettendo in luce il suo talento musicale e il contesto sociale in cui è cresciuta. La pellicola si basa sul romanzo “L’amuri ca v’haiu” di Luca Torregrossa e offre uno spaccato profondo sulla vita di una donna segnata da violenze e abbandoni.
La trama del film
La storia si apre con Rosa che trova rifugio nella casa della figlia Angela, ma la convivenza è tutt’altro che serena. Angela non desidera avere sua madre accanto a sé, creando un clima teso tra le due donne. In questo contesto difficile, Rosa trova conforto nei ricordi del passato mentre guarda vecchie fotografie di una famiglia ormai distrutta. Il nipote Luca diventa per lei un’importante fonte d’ispirazione; lo incoraggia a cantare per esprimere il dolore e la bellezza della sua terra natale.
Rosa utilizza la musica come mezzo per comunicare storie profonde legate alla Sicilia: racconta esperienze di violenza domestica, amori infranti e relazioni complicate. La sua vita personale è costellata da eventi traumatici simili a quelli vissuti dalle donne intorno a lei; anche Angela fatica ad affrontare i propri demoni interiori legati alla maternità. Le figure maschili nel racconto sono spesso rappresentate come oppressori o traditori, mentre le donne lottano silenziosamente contro un sistema patriarcale.
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Un cast eccezionale
Lucia Sardo interpreta magistralmente Rosa nell’ultima fase della sua vita; insieme a lei ci sono Donatella Finocchiaro nel ruolo dell’adulta Maria e Tania Bambaci nei panni della giovane Angela. Ogni attrice porta sullo schermo l’intensità emotiva necessaria per rendere giustizia ai personaggi complessi creati dal copione scritto da Licata insieme ai coautori Maurizio Quagliana, Heidrun Schleef e Antonio Guadalupi.
La presenza musicale è fondamentale nella narrazione: Carmen Consoli ha composto le musiche del film ed appare anche in un cameo come musicista di strada che accompagna Rosa durante alcune esibizioni pubbliche. Questa scelta artistica arricchisce ulteriormente il racconto visivo con sonorità evocative che accompagnano i momenti chiave della trama.
Regia pittorica ed evocativa
Paolo Licata dirige “L’amore che ho” con uno stile visivamente potente grazie alla fotografia curata da Lorenzo Adorisio. Il regista riesce a catturare l’essenza tragica ma al tempo stesso vibrante della figura femminile centrale attraverso scelte stilistiche audaci e dettagli accurati nelle scenografie.
Il ritmo narrativo può risultare serrato: gli eventi traumatici si susseguono senza pause significative per lo spettatore. Questo aspetto potrebbe rendere difficile assimilare appieno ogni parte del racconto senza sentirne il peso emotivo complessivo; tuttavia contribuisce all’intensità dell’opera cinematografica nel suo insieme.
Licata riesce così a ritrarre non solo una donna forte ma anche vulnerabile in un contesto storico-sociale complesso dove emergono tematiche universali legate all’identità femminile e alle lotte quotidiane contro l’oppressione culturale.
“L’amore che ho” rimane quindi un omaggio sincero alla figura iconica di Rosa Balistreri; pur con i suoi difetti strutturali evidenti nella narrazione frammentaria offre uno spunto importante su questioni sociali ancora attuali oggi.