La maternità in Italia nel 2025: un quadro critico tra disuguaglianze e sfide quotidiane

Il rapporto di Save the Children evidenzia la crescente difficoltà delle madri italiane, con un tasso di natalità in calo e disparità lavorative e retributive che penalizzano le famiglie monogenitoriali.
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Il rapporto “Le Equilibriste – La maternità in Italia 2025” di Save the Children offre una panoramica allarmante sulla situazione delle madri italiane. Nonostante gli sforzi per incentivare la natalità, il numero di nascite continua a diminuire, evidenziando le difficoltà che le donne affrontano nel conciliare lavoro e famiglia. Nel 2024, il tasso di natalità ha toccato un nuovo minimo storico con solo 1,18 figli per donna. Le problematiche legate alla disparità di genere sul lavoro e la mancanza di servizi adeguati per l’infanzia sono al centro del dibattito pubblico.

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Difficoltà nella maternità: un contesto complesso

Il rapporto mette in luce come la maternità sia diventata una vera sfida per molte donne in Italia. Le statistiche mostrano che una madre su cinque abbandona il lavoro dopo la nascita del primo figlio, con percentuali ancora più elevate tra le madri di bambini con disabilità. Le responsabilità familiari ricadono principalmente sulle spalle delle donne, costrette a fare i conti con orari lavorativi poco flessibili e scarsa disponibilità di asili nido.

Nel 2024 si sono registrate circa 370mila nascite, segnando un calo del 2,6% rispetto all’anno precedente. L’età media al parto è aumentata a 32,6 anni; questo riflette non solo una scelta personale ma anche la necessità economica e sociale che spinge molte donne a posticipare la maternità fino a quando non si sentono pronte dal punto di vista professionale ed economico.

Le madri lavoratrici si trovano quindi ad affrontare uno squilibrio significativo: mentre il tasso d’occupazione degli uomini con figli è pari al 91,5%, quello delle madri scende al 62,3%. Questa disparità crea un circolo vizioso dove le opportunità professionali limitate portano molte donne ad abbandonare il mercato del lavoro proprio quando avrebbero bisogno maggiormente della stabilizzazione economica.

Madri single: una realtà sempre più difficile

Le famiglie monogenitoriali stanno aumentando rapidamente in Italia; attualmente rappresentano quasi l’80% delle famiglie sole e gran parte sono guidate da madri single. Questo fenomeno ha visto crescere queste famiglie del 44% tra il 2011 e il 2021. Per queste donne trovare occupazione diventa particolarmente arduo; infatti, solo metà delle mamme sole tra i 25 ed i 34 anni riesce a mantenere un impiego stabile.

Nonostante ci siano segnali positivi come l’aumento dell’occupazione femminile nelle fasce d’età comprese tra i venticinque ed i cinquant quattro anni , rimane preoccupante che oltre un terzo delle mamme single viva sotto la soglia della povertà rispetto alla media nazionale . Inoltre, esistono notevoli differenze territoriali: mentre nel Nord oltre l’83% lavora, nel Mezzogiorno questa percentuale crolla drasticamente sotto il 50%.

Disparità retributive fra genitori soli

Un altro aspetto critico emerso dal rapporto riguarda le differenze retributive tra madri single e padri single. Il reddito medio netto annuo per le madri con figli minori è pari a 26.822 euro, mentre quello dei padri raggiunge 35.383 euro. Queste cifre evidenziano come gli squilibri strutturali continuino ad influenzare negativamente le vite delle mamme sole.

Inoltre, circa 31,5% di queste vive in affitto rispetto al 17,5% dei padri nella stessa situazione; questo dato sottolinea ulteriormente quanto sia difficile gestire economicamente una famiglia da sola. Antonella Inverno di Save the Children commenta sull’importanza urgente di interventi mirati volti ad alleviare tali disparità.

Investimenti nei servizi per l’infanzia come soluzione possibile

La questione della genitorialità incide pesantemente sulla partecipazione femminile al mercato del lavoro: secondo stime recenti, ben 60% della differenza occupazionale fra uomini e donne deriva dalla responsabilità legata ai figli. Potenziare l’accesso agli asili nido potrebbe essere fondamentale; ridurre significativamente i costi dei servizi potrebbe abbattere notevolmente quel gap noto come child penalty.

Secondo analisi condotte da Tortuga, se si riducesse almeno il 30%, tale penalizzazione passerebbe dal 33% al 27%. Un approccio più ambizioso porterebbe addirittura questo valore fino al 16,8%. Giorgia D’Errico sottolinea quanto sia cruciale implementare politiche integrate capaci non solo di sostenere famiglie ma anche di riconoscere il ruolo sociale della cura condivisa anche dai padri.

La mappa dell’Italia madre: disuguaglianze regionali

L’indice elaborato dall’Istat mostra chiaramente quali territori siano più favorevoli alle mamme: Bolzano guida questa classifica seguita da Emilia-Romagna e Toscana; viceversa, Basilicata risulta ancora ultima insieme alla Campania, Puglia e Calabria. Una menzione particolare va all’Umbria, che ha fatto significativi progressi scalando posizioni nella graduatoria annuale; tuttavia, la Valle d’Aosta registra peggioramenti significativi, scendendo dalla quinta alla sedicesima posizione.

Questo scenario complesso richiede interventi urgenti affinché tutte le madri possano godere degli stessi diritti ed opportunità indipendentemente dalla loro situazione familiare o territoriale.

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