Nuove scoperte sui quasar primordiali: vita breve e crescita rapida dei buchi neri supermassicci

Un nuovo studio mette in discussione le teorie sull’accrescimento dei buchi neri supermassicci, rivelando che i quasar nell’universo primordiale possono raggiungere enormi dimensioni in meno di un milione di anni.
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Un recente studio ha sollevato interrogativi sulla formazione e l’evoluzione dei quasar nell’universo primordiale, evidenziando come questi oggetti luminosi possano raggiungere dimensioni enormi in un tempo sorprendentemente breve. I quasar, alimentati da buchi neri supermassicci, sono tra i fenomeni più energetici dell’universo. La ricerca si concentra su come questi giganti cosmici possano esistere per meno di un milione di anni, mettendo in discussione le attuali teorie sull’accrescimento delle masse stellari.

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I quasar e il loro funzionamento

I quasar sono considerati alcune delle sorgenti più luminose dell’universo. Si tratta di nuclei galattici attivi che ospitano buchi neri supermassicci al centro delle galassie. Questi buchi neri hanno masse che variano da milioni a miliardi di volte quella del Sole e si nutrono della materia circostante a ritmi estremamente elevati. Quando gas, polvere e materiale stellare spiraleggiano verso il buco nero attraverso un disco di accrescimento surriscaldato a temperature superiori ai milioni di gradi, rilasciano una quantità enorme di energia visibile in tutto lo spettro elettromagnetico.

Le emissioni generate dai quasar possono essere così intense da oscurare intere galassie pur provenendo da aree relativamente piccole rispetto alle dimensioni complessive della galassia stessa. Tuttavia, la recente ricerca ha messo in luce una questione cruciale: se i quasar hanno una vita così breve – inferiore al milione d’anni – come possono raggiungere tali dimensioni? Questa domanda è centrale per comprendere la fisica dietro l’esistenza dei buchi neri supermassicci nei primi stadi dell’universo.

La scoperta sui buchi neri massivi

Utilizzando il Very Large Telescope situato a Paranal, gli scienziati hanno osservato diversi buchi neri massivi all’interno dei quasar distanti con redshift superiori a z≳6. Questo periodo temporale corrisponde a quando l’universo aveva meno di un miliardo d’anni; quindi teoricamente insufficiente per permettere ai buchi neri di accumulare massa sufficiente tramite i metodi tradizionali conosciuti fino ad oggi.

Il modello standard prevede che i buchi neri crescano attraverso l’accrescimento Eddington, dove la materia può cadere nel buco nero mantenendo un equilibrio tra attrazione gravitazionale e pressione radiativa. Tuttavia, le recenti osservazioni indicano che questi oggetti potrebbero avere vite attive molto brevi; alcuni addirittura inferiori ai mille anni.

Un team guidato dalla ricercatrice Dominika Ďurovčíková del Kavli Institute for Astrophysics and Space Research del MIT ha indagato meccanismi alternativi alla crescita convenzionale dei buchi neri supermassicci. Tra queste possibilità ci sono l’accrescimento episodico oltre Eddington o fusioni tra diversi buchi neri già esistenti nel primo universo.

Le implicazioni delle nuove osservazioni

Le ricerche condotte dal team hanno portato alla luce zone di prossimità insolitamente piccole intorno ai quasar analizzati; questo suggerisce non solo vite attive brevi ma anche la possibilità che questi oggetti siano appena entrati nella fase intensa del loro accrescimento. L’indagine ha incluso anche la ricerca di nebulose Lyman-alfa estese intorno ai quasar per determinare se fossero effettivamente nelle fasi iniziali della loro evoluzione o se le piccole zone potessero derivare dall’oscuramento direzionale.

Queste scoperte offrono prove significative sul fatto che molti dei più grandi colossi cosmici potrebbero aver iniziato ad alimentarsi solo recentemente nell’arco temporale dell’universo primordiale. Ciò sfida profondamente le teorie consolidate riguardanti la crescita graduale ed equilibrata dei buchi neri supermassicci nel contesto cosmologico noto fino ad oggi.

La continua esplorazione degli universali misteriosi rimane fondamentale non solo per comprendere meglio gli eventi passati ma anche per delineare il futuro dello studio astrofisico nei decenni avvenire.

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