Un episodio controverso ha scosso il panorama cinematografico marocchino, coinvolgendo il regista Gabriele Muccino e la sua ultima opera, “Quella linea sottile“. Una ONG locale ha denunciato una scena di bacio girata durante le riprese, definendola “immorale” e “inappropriata“. La situazione ha sollevato un acceso dibattito sui diritti artistici e sulla moralità pubblica nel contesto culturale marocchino.
Il bacio e le reazioni sociali
Negli ultimi giorni, la polemica è esplosa sui social media. Molti utenti hanno espresso il loro disappunto riguardo alla scena del bacio, ritenuta inadeguata per un contesto pubblico. Tuttavia, non sono mancati anche i sostenitori della libertà di espressione artistica che hanno difeso il diritto del regista di rappresentare l’amore attraverso la sua arte. La tensione è aumentata ulteriormente quando Stefano Accorsi, uno dei protagonisti del film insieme a Miriam Leone e Claudio Santamaria, ha condiviso su Instagram video notturni di Tangeri. In questi filmati si sentiva chiaramente il richiamo alla preghiera proveniente dalle moschee locali.
La critica nei confronti della scena non si è limitata ai commenti online: l’associazione per i diritti e lo sviluppo del Marocco ha deciso di presentare una denuncia formale contro Muccino. Il Centro per la salvaguardia dei diritti sociali e delle strategie di sviluppo ha preso posizione contro quella che considera una violazione delle norme sulla decenza pubblica. Secondo quanto riportato dal sito Hespress, l’associazione sostiene che la ripresa sia avvenuta in modo sfacciato in una piazza affollata da famiglie e bambini.
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Le accuse legali al regista
Il fulcro della denuncia riguarda specificamente l’articolo 483 del Codice penale marocchino che tratta dell’indecenza pubblica. L’associazione critica non solo Muccino ma anche le autorità locali per aver permesso tali riprese senza garantire un adeguato controllo sulla moralità degli attori coinvolti nella produzione cinematografica. I rappresentanti dell’organizzazione hanno chiesto un’inchiesta approfondita sulla Lotus Production – la casa produttrice – così come sul Centro cinematografico marocchino.
L’accusa principale mossa contro Muccino è quella di aver girato scene multiple senza avere tutte le autorizzazioni necessarie da parte delle autorità competenti o dalla troupe completa presente sul set al momento delle riprese contestate. Questo aspetto solleva interrogativi sull’aderenza alle normative vigenti nel paese riguardanti le produzioni straniere.
Implicazioni culturali ed artistiche
La questione va oltre il semplice fatto tecnico: tocca corde sensibili legate alla cultura marocchina e ai valori tradizionali prevalenti nella società locale. La reazione all’episodio evidenzia come certi temi siano ancora tabù in molte culture conservatrici dove l’espressione artistica deve confrontarsi con norme sociali rigide.
L’attenzione mediatica suscitata dalla denuncia potrebbe influenzare non solo questo progetto specifico ma anche future collaborazioni tra cineasti stranieri e produttori locali in Marocco. Se da un lato c’è chi sostiene fermamente il diritto alla libertà creativa degli artisti, dall’altro ci sono fortissime pressioni affinché vengano rispettati i valori morali condivisi dalla comunità locale.
In sintesi, questo episodio mette a confronto due mondi: quello dell’arte libera da vincoli ed etichette contro quello della tradizione che chiede rispetto verso usanze consolidate nel tempo.