Negli ultimi giorni, il panorama dei social media ha visto un preoccupante aumento di casi di censura nei confronti di giornalisti che trattano temi legati a Israele e all’antisemitismo. Le piattaforme Meta e X sono state accusate di chiudere un occhio su campagne organizzate per silenziare voci critiche, con conseguenze gravi per la libertà d’informazione. Questo fenomeno non solo solleva interrogativi sulla gestione dei contenuti da parte delle grandi aziende tecnologiche, ma mette anche in luce l’impatto devastante che tali azioni possono avere sulla professione giornalistica.
La cancellazione dei profili: il caso Mariano Giustino
Mariano Giustino, collaboratore del Riformista e esperto della situazione mediorientale, ha recentemente subito la cancellazione del suo profilo Facebook senza alcun preavviso o spiegazione chiara. Giustino vive in Turchia e si dedica quotidianamente alla raccolta di informazioni da diverse fonti riguardanti gli eventi in Medio Oriente. La sua attività sui social era focalizzata sulla condivisione delle sue corrispondenze radiofoniche e degli articoli pubblicati sul Riformista.
Secondo quanto dichiarato dal giornalista, Meta avrebbe giustificato la rimozione del suo profilo sostenendo che i suoi post non rispettassero gli standard della piattaforma. Tuttavia, Giustino sottolinea come il suo lavoro fosse puramente informativo e documentato. L’ultimo post prima dell’espulsione riguardava una fake news diffusa da Hamas secondo cui Israele avrebbe attaccato civili durante una distribuzione di aiuti umanitari; notizia prontamente smentita dai principali media internazionali. Questo episodio ha scatenato una serie di segnalazioni contro il suo profilo da parte degli utenti pro Hamas.
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Iuri Maria Prado: un altro caso emblematico
La stessa sorte è toccata a Iuri Maria Prado, avvocato ed editorialista del Riformista specializzato nella tutela delle espressioni del mondo ebraico italiano. Il suo account su X è stato sospeso dopo tredici anni senza alcuna spiegazione valida se non quella generica di violazione delle regole della piattaforma. Anche Prado utilizzava X principalmente per condividere i suoi articoli senza interagire con altri utenti o commentare contenuti altrui.
Prado racconta come sia bastata una campagna coordinata da un gruppo ridotto di utenti per far scattare le segnalazioni massicce che hanno portato alla sua espulsione dalla piattaforma. Questa dinamica evidenzia come l’attività giornalistica possa essere gravemente compromessa quando le decisioni vengono prese sulla base delle segnalazioni anziché attraverso un’analisi approfondita dei contenuti pubblicati.
Implicazioni per la libertà d’informazione
Questi episodi sollevano interrogativi fondamentali sul ruolo dei social media nel garantire uno spazio sicuro per le opinioni critiche e sull’efficacia dei loro meccanismi di moderazione dei contenuti. Quando i professionisti dell’informazione vengono silenziati a causa della pressione esercitata da gruppi organizzati online, si crea un clima ostile alla libera circolazione delle idee.
La situazione attuale mette in evidenza anche il rischio crescente che corre l’informazione indipendente nel contesto digitale contemporaneo; infatti molti esperti temono che questa tendenza possa continuare a crescere se non verranno adottate misure adeguate dalle piattaforme stesse per proteggere i diritti degli utenti impegnati nella divulgazione responsabile delle notizie.
In questo scenario complesso emerge quindi l’urgenza di riflessioni più ampie sulle politiche adottate dai giganti tecnologici riguardo alla gestione dell’odio online rispetto al diritto all’informazione libera ed equa.