Cresce il dibattito europeo sulla protezione dei minori dai social media: Meta propone un’età digitale comune

Il dibattito sull’uso dei social media da parte dei minori in Europa si intensifica, con Meta che propone un’età digitale comune e il consenso parentale, suscitando reazioni contrastanti tra le istituzioni.
Cresce il dibattito europeo sulla protezione dei minori dai social media: Meta propone un'età digitale comune - Socialmedialife.it

Il dibattito sull’uso dei social media da parte dei minori sta acquisendo sempre più rilevanza a Bruxelles, con la Francia in prima linea nel sostenere un divieto per i giovani utenti. Nel contesto di questa discussione, Meta, la società madre di Facebook e Instagram, ha recentemente annunciato il suo supporto per l’introduzione di un’età digitale comune nell’Unione Europea. Questa iniziativa prevede che l’accesso ai servizi digitali da parte dei minori sia soggetto all’approvazione dei genitori.

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La posizione di Meta e le sue implicazioni

Venerdì scorso, Meta ha reso pubblica la sua intenzione di sostenere una normativa che stabilisca un’età digitale uniforme in tutta l’Unione Europea. L’azienda ha chiarito che tale approccio implica che i genitori debbano dare il consenso affinché i loro figli possano accedere ai servizi online. Questo annuncio sembra rappresentare una strategia mirata a influenzare le politiche europee riguardo alla sicurezza online.

L’iniziativa di Meta è stata interpretata come una risposta alle crescenti pressioni normative sui giganti della tecnologia riguardo alla protezione degli utenti più giovani. Tuttavia, l’azienda ha specificato che non sostiene divieti governativi sui social media per i minori. Questo punto è cruciale nel contesto attuale del dibattito europeo sulla regolamentazione delle piattaforme digitali.

Meta sta cercando di promuovere un sistema centralizzato per la verifica dell’età attraverso dispositivi o app store validi in tutta Europa. Questa proposta potrebbe semplificare il processo per gli utenti e garantire maggiore sicurezza online, ma solleva interrogativi su come verranno gestiti i dati personali e quali misure saranno adottate per garantire effettivamente la sicurezza degli adolescenti.

Le reazioni delle istituzioni europee

La parlamentare danese Christel Schaldemose , relatrice del rapporto sulla protezione dei minori presso la commissione IMCO del Parlamento europeo, ha espresso scetticismo nei confronti della proposta avanzata da Meta. Secondo Schaldemose, se l’azienda fosse realmente impegnata nella creazione di un ambiente sicuro online privo di contenuti dannosi o design ingannevoli rivolti ai giovani utenti, avrebbe dovuto adottare misure concrete molto tempo fa.

Schaldemose sottolinea invece che le piattaforme devono assumersi maggiori responsabilità nella tutela degli utenti minorenni anziché trasferire questo onere sulle spalle dei genitori. La sua posizione evidenzia una crescente richiesta da parte delle istituzioni europee affinché le aziende tecnologiche si facciano carico della sicurezza online senza delegarla ad altri attori dell’ecosistema digitale.

Proposte alternative e divergenze tra eurodeputati

Diverse opinioni emergono anche tra gli eurodeputati riguardo al tema della verifica dell’età sui social media. Dóra Dávid , eurodeputata ungherese con esperienza legale presso Meta, propone modifiche al rapporto Schaldemose enfatizzando la necessità di definire chiaramente cosa significhi “maggiore età digitale”. Nonostante ciò, esprime preoccupazione sul fatto che né la Francia né altri Stati membri stiano realmente proponendo divieti assoluti contro i social media per i minorenni.

Dávid suggerisce inoltre rendere obbligatorio il consenso parentale per iscrivere ragazzi sotto i 16 anni alle piattaforme social e video-sharing ma critica anche l’approccio limitato proposto da Meta: “Se Facebook vuole attrarre adolescenti deve chiedere permesso ai genitori”, afferma con fermezza.

Stéphanie Yon-Courtin sostiene invece leggi più rigorose sulla verifica dell’età su tutte le piattaforme digitali ma riconosce anche il valore dell’impegno attivo delle famiglie nel monitoraggio delle attività online dei propri figli: “È importante avere responsabilità condivisa”, dichiara Yon-Courtin in merito all’annuncio recente della compagnia tech.

Al contrario, Leïla Chaibi respinge categoricamente qualsiasi tentativo legislativo volto a vietare l’accesso ai social network ai minorenni definendoli come “una trovata obsoleta”. Propone piuttosto misure volte a garantire prodotti sicuri dalle piattaforme stesse insieme a programmi educativi realizzati dai governi sull’utilizzo consapevole del web sia per adulti sia per bambini.

Il panorama normativo europeo continua quindi ad evolversi mentre si cerca un equilibrio tra innovazione tecnologica e tutela degli utenti più vulnerabili.