Nel 2004, durante la seconda intifada, Maurizio Di Veroli e Uri Baranes si trovano a Tel Aviv con l’intento di trovare un momento di serenità per le loro famiglie. Tuttavia, si rendono conto che le narrazioni dei media occidentali non riflettono la realtà che vivono. Da questa consapevolezza nasce “Davka“, un progetto culturale e musicale volto a esplorare l’ebraismo in tutte le sue sfaccettature.
L’origine del progetto Davka
Seduti sulla sabbia di Tel Aviv, Di Veroli e Baranes comprendono che è necessario andare oltre il semplice racconto della realtà. L’idea è quella di mostrare piuttosto che spiegare; per questo decidono di creare uno spazio dove la musica diventa il mezzo principale per comunicare emozioni e storie legate all’ebraismo. Il termine “davka“, intraducibile in italiano, rappresenta una dualità culturale: quella italiana ed ebraica, entrambe ricche di significato ma difficili da racchiudere in una sola definizione.
Il progetto non si limita a essere musicale; è prima di tutto un’iniziativa culturale volta a far conoscere l’ebraismo nelle sue molteplici forme al pubblico più ampio possibile. Attraverso concerti ed eventi, Davka cerca di abbattere i confini imposti dai cliché e dalle etichette sociali.
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La musica come ponte tra culture
La musica costituisce il cuore pulsante del progetto Davka. Gli strumenti utilizzati – clarinetto, fisarmonica, contrabbasso e voce – diventano veicoli narrativi capaci di raccontare storie profonde legate alla tradizione ebraica. Ogni concerto è concepito come un viaggio sonoro dove ogni brano viene introdotto da una narrazione significativa.
Le performance spaziano tra vari stili musicali: dal jazz al blues fino ad arrangiamenti moderni che rielaborano melodie tradizionali in chiave contemporanea. Questo approccio permette agli ascoltatori non solo di godere della musica ma anche d’incontrare l’ebraismo nella sua spiritualità plurale.
Un aspetto interessante è la composizione dell’ensemble: molti musicisti coinvolti nel progetto non sono ebrei. Questa scelta riflette una volontà precisa: promuovere il dialogo interculturale attraverso la collaborazione artistica con persone provenienti da background diversi.
Il concerto Tikkun: riparazione attraverso la musica
Uno degli eventi più attesi del programma Davka è il concerto intitolato “Tikkun“, previsto per il 12 giugno presso l’Istituto Italiano di Studi Germanici a Roma. La parola “tikkun” significa “riparazione” ed evoca concetti complessi legati alla guarigione sia personale sia collettiva.
Il tema centrale del concerto affronta diverse forme di riparazione: dalla cura dell’ambiente alle fratture interiori delle persone fino alle divisioni culturali esistenti nella società contemporanea. La locandina dell’evento presenta un frammento ceramico ricucito secondo l’antica tecnica giapponese del kintsugi; questa immagine simboleggia come le crepe possano essere valorizzate anziché nascoste.
Durante lo spettacolo verranno affrontati temi profondamente umani senza cercare risposte definitive ma piuttosto offrendo spunti per riflessioni personali sul significato dell’identità culturale nell’attuale contesto globale.
Le sfide affrontate dal gruppo
Negli ultimi mesi Davka ha dovuto fronteggiare diverse difficoltà organizzative; alcuni concerti sono stati cancellati o rinviati senza spiegazioni chiare ai partecipanti interessati agli eventi proposti dal gruppo musicale. Nonostante queste avversità, Maurizio Di Veroli sottolinea come il desiderio del gruppo sia quello d’avanzare con determinazione nel proprio percorso artistico-culturale.
Raccontare bellezza attraverso la cultura diventa quindi anche atto politico nei momenti difficili; ogni nota suonata rappresenta una forma d’espressione contro le limitazioni imposte dalla società contemporanea su ciò che significa essere parte integrante della comunità globale oggi.
Con Tikkun torna così sul palco anche quel messaggio fondamentale presente sin dall’inizio del percorso artistico: nelle crepe entra luce ed essa può rimanere grazie alla forza evocativa della musica stessa.