Due anni dopo il terremoto del 6 febbraio 2023: la Turchia affronta una crisi abitativa e giustizia assente

Due anni dopo il devastante terremoto in Turchia, le promesse di ricostruzione del governo rimangono in gran parte disattese, lasciando migliaia di cittadini in condizioni precarie e senza giustizia.
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Il 6 febbraio 2023, la Turchia ha vissuto uno dei momenti più drammatici della sua storia recente con un devastante terremoto che ha colpito le province meridionali del paese. Con quasi 50.000 vittime e oltre 100.000 feriti, il disastro ha stravolto la vita di centinaia di migliaia di persone. A distanza di quasi due anni, le promesse governative per la ricostruzione sono rimaste in gran parte disattese, lasciando migliaia di cittadini in condizioni precarie.

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Promesse non mantenute

Dopo il catastrofico evento sismico, il presidente Recep Tayyip Erdoğan aveva annunciato un ambizioso piano per costruire circa 319.000 nuove abitazioni entro febbraio 2024 e un totale di 680.000 entro il termine del prossimo anno. Queste dichiarazioni hanno avuto luogo in un contesto elettorale cruciale e hanno contribuito a consolidare il supporto dell’elettorato colpito dal terremoto nei confronti dell’AKP.

Nonostante queste promesse, i rapporti sull’incapacità del governo nel gestire l’emergenza sono stati trascurati. La situazione è ulteriormente complicata dall’amnistia concessa ai costruttori che avevano violato gli standard di sicurezza nelle zone colpite; molti sono stati puniti solo con multe simboliche anziché affrontare conseguenze più severe.

Un anno dopo i tremori iniziali, solo circa 46.000 nuove abitazioni erano state completate secondo quanto riportato dal Ministero dell’Ambiente e dello Sviluppo Urbano; a gennaio del 2025 si era arrivati a sole 169.171 unità abitative costruite, corrispondenti al solo trenta percento delle case promesse dal governo turco.

Attualmente ci sono circa 395 città container distribuite nelle undici province interessate dal sisma; queste strutture temporanee ospitano quasi 650 mila persone che continuano a vivere senza accesso adeguato ai beni essenziali come elettricità o acqua potabile.

Giustizia inesistente

Le famiglie delle vittime continuano a cercare i loro cari scomparsi senza ricevere risposte dalle autorità competenti che sembrano ignorare le richieste urgenti della popolazione colpita dalla tragedia.

In un report pubblicato nel febbraio del 2025 dall’Unione turca delle Camere degli ingegneri e degli architetti , si evidenziava come coloro che avevano permesso la costruzione di edifici non sicuri non fossero mai stati chiamati a rispondere delle loro azioni: “Coloro che hanno chiuso un occhio su tutti i segni di usura…non sono mai stati puniti”, affermava l’organizzazione nel suo rapporto sulla gestione post-terremoto.

Secondo dati forniti dal Ministero della Giustizia turco, erano stati avviati oltre duemila procedimenti d’inchiesta riguardanti le responsabilità legate al disastro; tuttavia soltanto una frazione dei casi è stata portata avanti fino alla conclusione legale con pene detentive inflitte principalmente al personale tecnico piuttosto che ai funzionari governativi responsabili delle decisioni critiche nella gestione della crisi.

Durante una cerimonia commemorativa nella provincia Malatya, Veli Ağbaba, rappresentante dell’opposizione politica, ha sottolineato come nessun politico o burocrate fosse stato ritenuto responsabile per quanto accaduto durante quel tragico giorno.

Ricordi

Nel corso dell’anniversario del terremoto, sui social network è emersa una forte mobilitazione da parte dei cittadini turchi attraverso hashtag come #6Şubat o #Unutmayacağız , utilizzati per mantenere viva la memoria collettiva riguardo alla tragedia ma anche per richiamare l’attenzione sulle promesse non mantenute dai politici locali e nazionali verso le comunità colpite dalla calamità naturale.

Molti utenti hanno denunciato pubblicamente situazioni paradossali come quella relativa alla vendita da parte della Croce Rossa delle tende destinate ai sopravvissuti, invece della loro distribuzione gratuita alle famiglie sfollate; tale pratica ha sollevato indignazione tra coloro che avevano assistito all’emergenza umanitaria sul campo mentre venivano arrestate decine di manifestanti pacifici scesi in piazza per protestare contro questa situazione ingiusta ed insostenibile.

Due anni dopo quel tragico evento sismico resta aperta una questione cruciale: chi sarà pronto ad intervenire se dovesse verificarsi nuovamente una catastrofe simile?

Terremoto imminente a Istanbul

La paura cresce tra gli abitanti di Istanbul riguardo alla possibilità imminente di un nuovo terremoto devastante nella metropoli turca situata su importanti faglie geologiche attive; esperti stimano vi sia alta probabilità di un sisma significativo entro il prossimo decennio.

Il professor Naci Görür avverte sulla vulnerabilità crescente degli edifici realizzati negli ultimi anni, privando così molte aree residenziali di un adeguato rifugio sicuro in caso emergenziale, mentre Murat Kurum, ex Ministro dell’Ambiente, ammette candidamente l’incapacità strutturale attuale nell’affrontare eventuali nuove calamità naturali.

Con tutte queste problematiche irrisolte persiste l’interrogativo cruciale tra gli abitanti: se dovessero trovarsi nuovamente ad affrontare eventi distruttivi simili, chi sarebbe disposto ad offrire supporto concreto?

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