Giorgia Meloni incontra Edi Rama a Tirana: focus su migrazione e sicurezza al vertice europeo

Giorgia Meloni e Edi Rama si incontrano a Tirana per discutere il protocollo migratorio, mentre l’Italia approva il decreto Albania, suscitando critiche da opposizione e associazioni per i diritti umani.
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Giorgia Meloni è tornata a Tirana per un incontro bilaterale con il primo ministro albanese Edi Rama, in occasione del sesto vertice della Comunità politica europea. Questo forum informale, creato dal presidente francese Emmanuel Macron nel maggio 2022 dopo l’invasione russa dell’Ucraina, riunisce i leader di 27 paesi membri e 20 Stati terzi per discutere questioni cruciali come la sicurezza militare ed economica, la competitività e l’immigrazione. L’aggressione russa rimane uno dei temi centrali del dibattito, specialmente in vista di un imminente incontro tra le delegazioni di Kiev e Mosca a Istanbul.

Incontro tra Meloni e Rama: focus sul protocollo migratorio

Durante il faccia a faccia tra i due leader, si discuterà dell’attuazione del protocollo firmato nel novembre 2023 riguardante la gestione dei migranti. Questo accordo ha portato alla detenzione di circa cinquanta migranti precedentemente rinchiusi nei Centri di permanenza per i rimpatri italiani. Nonostante il progetto abbia affrontato ostacoli legali significativi – comprese pronunce da parte delle Corti d’appello e giudici di pace – continua a suscitare interesse politico sia all’interno che all’esterno dell’Unione Europea.

Il premier britannico Keir Starmer ha recentemente espresso interesse nell’adottare una simile iniziativa in Albania. Starmer ha assunto l’incarico nel luglio 2024 dopo aver abbandonato il controverso piano del governo Tory che prevedeva la deportazione dei migranti in Ruanda. La sua visita in Italia aveva lo scopo di apprendere dalle strategie italiane contro l’immigrazione irregolare proposte da Meloni. Tuttavia, Rama ha risposto chiaramente alle richieste britanniche dichiarando che non ci sono piani per replicare questo modello: «Siamo fedeli al matrimonio con l’Italia», ha affermato.

Approvazione della legge sul decreto Albania

Nella giornata precedente all’incontro tra Meloni e Rama, la Camera dei Deputati italiana ha approvato definitivamente il decreto Albania, che consente il trasferimento di cittadini stranieri irregolari dal territorio nazionale verso centri situati in Albania. Il voto finale ha visto un risultato favorevole con 126 voti favorevoli contro 80 contrari; solo un deputato si è astenuto dalla votazione.

Ora spetta al Senato esaminare ulteriormente questa legge prima della sua definitiva attuazione. Critiche sono giunte dall’opposizione; Elly Schlein del Partito Democratico accusa il governo di ingannare gli italiani mascherando fallimenti attraverso modifiche ai centri d’accoglienza esistenti. Secondo Schlein, mentre inizialmente si prevedeva un trasferimento annuale di circa 36mila migranti verso Albania, ora le stime parlano solo di massimo 140 persone: «Spendono un milione per ogni persona», sottolinea.

Alfonso Colucci del Movimento Cinque Stelle critica duramente Meloni definendola prigioniera della propria propaganda politica: «Siamo alla farsa». Dall’altro lato dello spettro politico, Sara Kelany , relatrice del provvedimento legge difende le nuove misure come necessarie per superare lo stallo causato dalla magistratura.

Critiche delle associazioni sui diritti umani

Il Tavolo Asilo e Immigrazione – una rete composta dalle principali associazioni attive nella tutela dei diritti umani – continua a monitorare attentamente gli sviluppi legati ai centri d’accoglienza ed era presente anche ieri nella località Gjader durante le discussioni sul tema immigrazione. Le organizzazioni hanno espresso forte preoccupazione riguardo alle operazioni governative relative alla gestione dei migranti definendo queste azioni come una sospensione della legalità e una violazione dei diritti fondamentali degli individui coinvolti.

Secondo queste associazioni non c’è alternativa se non quella della totale dismissione degli attuali centri d’accoglienza poiché ritengono che tali strutture non contribuiscano realmente ai rimpatri promessi dal protocollo siglato dai due governi europei coinvolti nella questione migratoria.