Il caso di Yara Gambirasio, la tredicenne uccisa a Brembate di Sopra nel novembre 2010, rappresenta uno dei crimini più inquietanti della cronaca italiana. La risoluzione dell’omicidio è stata possibile grazie a un imponente lavoro scientifico che ha coinvolto l’analisi del DNA su vasta scala. Massimo Bossetti è stato condannato all’ergastolo per l’omicidio dopo un’indagine che ha visto il coinvolgimento di circa 20.000 test genetici, rendendo questo caso il più esteso screening genetico mai realizzato in Italia.
Le indagini sul DNA ritrovato sul corpo di Yara
L’indagine si è concentrata su un profilo genetico maschile identificato come “Ignoto 1”, estratto dagli slip della vittima e comunicato dal RIS nel maggio 2011. Gli investigatori hanno subito ipotizzato che quel DNA appartenesse all’assassino, dato che non vi era altra spiegazione per la sua presenza sugli indumenti intimi della ragazza.
Per identificare Ignoto 1, sono stati creati elenchi mirati da cui prelevare campioni di DNA da confrontare con il profilo sconosciuto. Tra i criteri utilizzati vi erano gli utenti telefonici delle celle nella zona del ritrovamento e i frequentatori della palestra dove Yara era stata vista per l’ultima volta. Anche i soci della discoteca “Le Sabbie Mobili” sono stati inclusi nell’indagine; si trattava di una lista composta da circa 31.000 persone.
Leggi anche:
Dopo oltre duemila confronti senza esito positivo, nel luglio del 2011 si registrò una svolta significativa: fu trovata una corrispondenza tra il DNA di Ignoto 1 e quello prelevato dal tampone salivare di Damiano Guerinoni, residente a Brembate Sopra e iscritto alla discoteca in questione. Tuttavia, Guerinoni al momento della scomparsa si trovava in Perù.
A questo punto le forze dell’ordine decisero di approfondire l’analisi dell’aplotipo del cromosoma Y presente nel campione prelevato da Guerinoni. Questo marcatore viene trasmesso invariabilmente attraverso le generazioni maschili ed è comunemente usato nei test paternità; pertanto gli investigatori iniziarono a ricostruire l’albero genealogico dei suoi discendenti maschili.
Come si arrivò a Massimo Bossetti
L’indagine portò al profilo genetico di Pierpaolo Guerinoni, figlio del defunto Giuseppe Benedetto Guerinoni . Il suo DNA nucleare presentava una somiglianza quasi totale con quello di Ignoto 1 ma differiva solo per un marcatore specifico . Questo suggerì agli investigatori che Giuseppe potesse essere il padre biologico dell’assassino.
Per confermare questa ipotesi fu necessario riesumare il corpo dello stesso Giuseppe Benedetto Guerinoni e confrontarne il DNA con quello estratto dal campione originale trovato sulla vittima. I risultati furono schiaccianti: la percentuale stimata riguardo alla paternità superava il 99%. A questo punto rimaneva solo da identificare la madre dell’assassino.
Le ricerche portarono alla scoperta delle relazioni passate tra Giuseppe e Ester Arzuffi; secondo alcune testimonianze locali degli anni ’60 avrebbero avuto una relazione segreta prima che Ester si trasferisse definitivamente a Brembate Sopra nel maggio ’69 dopo aver vissuto tre anni nella zona natale di Guerinoni.
Una volta sequenziato anche il suo DNA nucleare completo emerse chiaramente che esso costituiva esattamente metà del profilo mancante associabile ad Ignoto 1. Ester aveva due figli legittimi: Massimo Giuseppe Bossetti e Fabio; Massimo risultava essere l’indiziato principale poiché nato proprio poco prima dello spostamento definitivo della madre nella nuova località.
Massimo Bossetti venne arrestato nel giugno del 2014 durante un controllo stradale sotto falso pretesto per effettuare un alcol test; dalla saliva raccolta dall’etilometro emerse infine la corrispondenza perfetta con Ignoto 1.
Le tecniche utilizzate nelle analisi scientifiche
La soluzione al mistero attorno all’omicidio Gambirasio deve molto alle tecniche avanzate impiegate nell’analisi genetica applicata ai reperti rinvenuti sulla scena del crimine. In particolare sono stati utilizzati polimorfismi Short Tandem Repeats , ovvero sequenze brevi ripetute consecutivamente presenti nei cromosomi umani utilissime per distinguere individui diversi grazie alle loro variazioni numeriche tra le persone analizzate.
Nel caso specifico sono stati analizzati ben ventiquattro marcatori STR autosomici insieme ad ulteriori dodici marcatori sul cromosoma X ed altri sedici sul cromosoma Y; complessivamente quindi ci troviamo davanti ad un totale impressionante pari a cinquantadue marcatori analizzati – cifra considerata enorme rispetto agli standard internazionali dove solitamente ne vengono richiesti almeno quindici o sedici per garantire affidabilità nelle indagini forensi.
Queste metodologie consentono anche amplificazioni significative anche quando ci siano quantità minime disponibili , permettendo così rilevamenti accurati anche quando i campioni siano ridotti sotto i cento picogrammi/microlitro – situazione verificatasi proprio col reperto relativo ad Ignoto 1 dove erano presenti oltre duemila picogrammi/microlitro sufficientemente adeguati alle necessarie verifiche scientifiche.
Inoltre ogni singola analisi effettuata sui vari campioni ottenuti fu ripetuta usando kit diversi aumentando così non solo numero ma pure attendibilità dei risultati finalizzati all’identificazione definitiva dell’assassino.