Il Pd fissa a 12,4 milioni il quorum per il referendum: una mossa contro il governo Meloni

Il Partito Democratico stabilisce che un’affluenza di 12,4 milioni al referendum sarebbe un segnale contro il governo Meloni, suscitando dibattiti sulla legittimità della soglia e le sue implicazioni politiche.
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Il Partito Democratico ha stabilito che un’affluenza di 12,4 milioni di votanti al referendum rappresenterebbe un “avviso di sfratto” per l’attuale governo guidato da Giorgia Meloni. Questa posizione ha suscitato dibattiti e critiche, in particolare riguardo alla legittimità della soglia fissata e alle implicazioni politiche che ne derivano. La leader di Fratelli d’Italia ha dichiarato la sua intenzione di astenersi dal voto, definendo la consultazione come una “resa dei conti interna alla sinistra“.

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La posizione del Pd sul referendum

Francesco Boccia, capogruppo del Pd al Senato, ha affermato che se al referendum andassero a votare 12,4 milioni di persone sarebbe un segnale chiaro per il governo. Questo numero supera i 12,3 milioni di voti ottenuti dalla coalizione di centrodestra alle ultime elezioni politiche del 2022. Secondo Boccia, quindi, l’affluenza superiore a questo dato rappresenterebbe non solo una vittoria referendaria ma anche un chiaro messaggio politico contro l’esecutivo.

Il Partito Democratico introduce così quello che viene definito “Quorum Boccia“, aggiungendo una nuova dimensione alla discussione sui requisiti necessari affinché il referendum possa essere considerato valido. L’articolo 75 della Costituzione italiana prevede già due soglie: la maggioranza degli aventi diritto deve partecipare e i voti favorevoli devono superare quelli contrari tra i partecipanti. Tuttavia, con questa nuova proposta si stabilisce un terzo parametro basato sulla performance elettorale precedente della coalizione governativa.

Critiche all’approccio del Pd

La scelta del Pd è stata criticata da diversi esponenti politici e analisti. Molti ritengono che fissare questa soglia sia arbitrario e poco corretto rispetto ai tradizionali requisiti referendari italiani. Infatti, con circa il 24% degli aventi diritto coinvolti nella consultazione , anche nel caso in cui tutti questi votassero ai quesiti proposti non si raggiungerebbe comunque la metà necessaria per approvare le modifiche richieste.

Inoltre si sottolinea come questo approccio possa risultare insufficiente rispetto ai risultati delle elezioni politiche precedenti; infatti nel confronto con le politiche del 2022 emerge chiaramente che i voti ottenuti dal centrodestra erano superiori . Pertanto anche se dovessero recarsi alle urne esattamente quei numeri indicati da Boccia ci sarebbero comunque meno sostenitori rispetto a tre anni fa.

Implicazioni politiche dell’astensione

L’aspetto più controverso riguarda le conseguenze politiche dell’invito all’astensione rivolto agli elettori di centrodestra da parte dello stesso partito democratico. Con la logica secondo cui ogni voto espresso conta come opposizione al governo Meloni – indipendentemente dall’opzione scelta – gli elettori potrebbero sentirsi costretti ad abbandonare le urne per evitare strumentalizzazioni dei loro diritti civili.

La retorica iniziale sul voto come dovere civico sembra ora trasformarsi in uno strumento politico volto a delegittimare l’attuale esecutivo; ciò potrebbe portare molti cittadini ad interpretare l’astensione non solo come disinteresse ma piuttosto come forma legittima di protesta contro tale manovra politica.

Se prima si parlava dell’importanza della partecipazione democratica ora sembra emergere un messaggio diverso: andare a votare potrebbe significare contribuire attivamente all’opposizione governativa senza tener conto delle reali motivazioni personali o delle posizioni sui quesiti referendari stessi.

Riflessioni finali sulle conseguenze future

Infine va notata anche la possibilità che questa strategia possa ritorcersi contro il Partito Democratico stesso; se infatti gli avversari politici utilizzassero lo stesso ragionamento invertendo le posizioni sull’affluenza al voto potrebbero sostenere che coloro che decidono deliberatamente di non recarsi alle urne stanno dalla parte dell’attuale governo Meloni.

Con oltre trenta milioni registrati nelle ultime elezioni nazionali nel confronto tra affluenza attesa e quella effettiva potrebbe delinearsi uno scenario complesso dove ogni singolo dato diventa oggetto d’analisi politica approfondita.

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