Il ruolo di Raymond Leo Burke nel Conclave che ha eletto Papa Leone XIV

Il cardinale Raymond Leo Burke ha giocato un ruolo cruciale nel Conclave che ha eletto Papa Leone XIV, ma la sua opposizione a Papa Francesco ha messo in discussione la sua posizione nella Chiesa.
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Il cardinale Raymond Leo Burke ha avuto un’importante influenza nel recente Conclave che ha portato all’elezione di Papa Leone XIV. Tuttavia, la sua posizione all’interno della Chiesa cattolica è stata oggetto di discussione e tensione, specialmente in relazione al pontificato di Papa Francesco. Diverse fonti indicano che il porporato americano abbia rischiato seriamente di perdere il suo titolo cardinalizio a causa delle sue posizioni tradizionaliste e della sua opposizione alle riforme del pontefice argentino.

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L’influenza di Burke nel Conclave

Durante il Conclave, i vaticanisti hanno evidenziato come Burke sia stato determinante nell’orientare le votazioni dei cardinali nordamericani e conservatori. La sua capacità persuasiva si è manifestata in particolare con il cardinale Timothy Dolan e altri membri influenti come Robert Sarah e Gherard Ludwig Mueller. Entrambi condividono con Burke una formazione giuridica solida, essendo canonisti esperti, ma anche un background comune da statunitensi.

Burke ha saputo costruire alleanze strategiche tra i cardinali favorevoli a una visione più tradizionale della Chiesa. Questo approccio gli ha permesso non solo di sostenere la candidatura dell’ex prefetto della Congregazione per i vescovi ma anche di mantenere un certo peso specifico all’interno delle dinamiche conclaviste.

La resistenza durante il pontificato di Francesco

Nel corso del pontificato di Papa Francesco, Raymond Leo Burke è emerso come figura centrale nella cosiddetta “resistenza” alle aperture del pontefice argentino. Questa opposizione si è concretizzata attraverso la firma dei Dubia riguardanti l’esortazione apostolica Amoris Laetitia, dove lui e altri cardinali hanno espresso preoccupazioni per l’interpretazione delle norme dottrinali.

Burke ha guidato un gruppo ristretto ma vocalmente attivo all’interno della gerarchia ecclesiastica che difendeva strenuamente la dottrina tradizionale cattolica. Tra le questioni più controverse c’era anche quella relativa alla celebrazione del Vetus Ordo; dopo l’emanazione del motu proprio Traditionis custodes da parte del papa, alcuni porporati hanno avviato battaglie interne per proteggere le pratiche liturgiche tradizionali.

Il ridimensionamento dalla Santa Sede

Con l’avanzare degli anni sotto il pontificato bergogliano, la posizione di Burke nella Curia romana è andata progressivamente indebolendosi. Dalla signatura apostolica fino al Sovrano Ordine di Malta, sono state molteplici le occasioni in cui il cardinale americano si è visto escludere dai ruoli chiave che aveva ricoperto precedentemente.

Le voci su una possibile perdita della berretta sono circolate con insistenza nei corridoi vaticani: alcuni sostenevano addirittura che Papa Francesco avesse privato Burke non solo dell’abitazione ufficiale ma anche dello stipendio legittimo per un cardinale. Queste speculazioni sono aumentate in concomitanza con tensioni sempre più palpabili tra lui e Bergoglio.

Le manifestazioni critiche a Roma

In questo contesto teso si inserisce un episodio significativo: affissione a Roma di manifesti critici nei confronti dell’operato papale riguardo ai commissariamenti ecclesiastici e al trattamento riservato ad alcuni cardinali dissidenti. L’iniziativa sembrava orchestrata da un giornalista pro life insieme ad alcuni suoi sostenitori ed evidenziava come movimenti dal basso potessero influenzare le decisioni delle alte sfere ecclesiali.

Nonostante queste pressioni esterne o interne alla Chiesa non ci siano conferme sull’effettivo cambiamento d’opinione da parte del papa argentino riguardo a Burke; ciò nonostante quest’ultimo conserva ancora oggi il suo titolo cardinalizio ed esercita una certa influenza nelle dinamiche ecclesiali post-Conclave con l’elezione recente di Leone XIV.

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