Il Massimario della Suprema Corte ha espresso pareri critici su due importanti misure del governo di Giorgia Meloni: il decreto sicurezza e il piano per la gestione dei migranti in Albania. Queste relazioni, non vincolanti ma significative, sollevano interrogativi sulla legittimità e sull’urgenza di tali provvedimenti.
Le critiche al decreto sicurezza
Il primo punto centrale delle relazioni riguarda l’urgenza del decreto legge 48 del 2025, che avrebbe dovuto entrare in vigore il 12 aprile scorso. Secondo il Massimario, questo decreto riproduce quasi integralmente un disegno di legge già approvato in prima lettura nel settembre 2024. L’assenza di nuovi eventi che giustifichino un intervento urgente ha portato a una valutazione negativa da parte della Cassazione. Il documento sottolinea come si sia saltato un passaggio fondamentale nel processo legislativo, trasformando una proposta già in discussione in un decreto senza le necessarie motivazioni di straordinaria necessità.
Inoltre, la relazione evidenzia l’estrema disomogeneità dei contenuti all’interno dello stesso testo normativo. Il Massimario sostiene che sarebbe stato opportuno esaminare e votare separatamente le diverse questioni trattate nel decreto, piuttosto che accorparle sotto un unico articolo. Questa violazione dell’articolo 72 della Costituzione italiana è considerata grave poiché compromette la chiarezza e la coerenza normativa.
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Infine, viene messa in discussione anche l’entrata in vigore immediata del decreto dopo la pubblicazione: secondo i giudici questa modalità renderebbe difficile per i cittadini comprendere quali comportamenti siano punibili o meno. La mancanza di chiarezza sui nuovi precetti penali rappresenta una violazione delle garanzie costituzionali.
Le problematiche legate al progetto Albania
Un altro aspetto critico emerso dalle relazioni riguarda il piano governativo per gestire i migranti attraverso strutture situate in Albania. Qui si evidenziano problemi significativi riguardanti la compatibilità tra le normative europee e internazionali sul diritto d’asilo e quelle italiane proposte dal governo.
Il Massimario analizza come le nuove disposizioni abbiano trasformato centri destinati ai richiedenti asilo mai entrati nel territorio italiano in luoghi di detenzione per migranti irregolari. Questo cambiamento potrebbe generare discriminazioni nei diritti dei richiedenti asilo poiché fare domanda di protezione internazionale da un paese terzo come l’Albania contrasta con il principio fondamentale dell’accesso al sistema europeo comune d’asilo.
Inoltre, viene messo sotto esame il concetto di discrezionalità amministrativa applicabile alle norme sui centri albanesi: queste non specificano quali categorie di stranieri possano essere trasferite oltre Adriatico né forniscono motivi scritti o criteri chiari per tale trasferimento. Ciò apre a potenziali abusi nella gestione dei flussi migratori.
Impatti sulle libertà personali
Un ulteriore punto sollevato dal Massimario riguarda le libertà personali degli individui coinvolti nelle procedure d’asilo o nei processi amministrativi relativi alla detenzione nei centri albanesi. Quando cessano i motivi per cui una persona è trattenuta presso queste strutture, essa non ha automaticamente accesso alla libertà nel territorio italiano; ciò crea una situazione complessa dove gli individui possono trovarsi bloccati senza possibilità reale di rientrare liberamente nel paese dove sono stati fermati inizialmente.
Queste osservazioni pongono interrogativi rilevanti sulla coerenza delle politiche governative con i principi fondamentali garantiti dalla Costituzione italiana e dalle normative europee sul diritto d’asilo e sulle libertà individuali.