La doppia morale su astensione e referendum: un’analisi tra politica e religione

L’articolo analizza le contraddizioni nelle posizioni politiche e religiose italiane riguardo all’astensione nei referendum, evidenziando come queste scelte riflettano interessi piuttosto che principi democratici coerenti.
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La recente campagna referendaria ha sollevato interrogativi sulla coerenza delle posizioni assunte da diversi attori politici e istituzionali riguardo all’astensione. Mentre alcuni denunciano l’assenza di voto come un atto antidemocratico, in passato hanno sostenuto strategie simili per far fallire consultazioni. Questo articolo esplora le contraddizioni emerse nel dibattito pubblico, analizzando le dichiarazioni di figure politiche e religiose.

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Le contraddizioni nella politica italiana

Negli ultimi trent’anni, i partiti italiani hanno spesso oscillato tra il sostegno al voto attivo e la promozione dell’astensione nei referendum. Questa strategia è diventata una prassi consolidata quando si tratta di influenzare l’esito delle consultazioni popolari. In particolare, quando i partiti desiderano che un referendum non raggiunga il quorum necessario per essere valido, incoraggiano gli elettori a non recarsi alle urne.

Tuttavia, questa dinamica assume una connotazione diversa quando proviene da esponenti della società civile o da istituzioni religiose. Ad esempio, la testata “La Repubblica” ha criticato la scelta della premier Giorgia Meloni di non votare in occasione del recente referendum definendola uno “spreco di democrazia”. Il confronto tra il referendum del 1946 sulla forma dello Stato e quello attuale evidenzia una certa incoerenza: mentre il primo non prevedeva quorum, il secondo sì.

Nel 2022, durante i referendum sulla giustizia promossi dalla Lega, “La Repubblica” aveva invitato alla stessa astensione che oggi critica. Questa inversione di rotta mette in luce come le scelte politiche possano variare a seconda degli interessi in gioco piuttosto che seguire un principio etico costante.

L’intervento della Cei sul valore del voto

Anche la Conferenza Episcopale Italiana ha preso posizione sul tema dell’astensione nei referendum recenti. Monsignor Francesco Savino ha descritto l’invito all’astensione come “un paradosso”, sottolineando l’importanza civica del voto come gesto fondamentale per la democrazia. Tuttavia, è opportuno ricordare che nel 2005 la Cei aveva fatto campagna per l’astensione durante il referendum sulla procreazione assistita.

Questa apparente contraddizione solleva interrogativi sull’autenticità delle posizioni assunte dalla Cei nel contesto dei dibattiti pubblici contemporanei. Se da un lato si sostiene ora che ogni votazione rappresenta un’opportunità irrinunciabile per esercitare diritti civici fondamentali; dall’altro lato si era precedentemente incoraggiata l’assenza dal seggio elettorale quando ciò sembrava più conveniente rispetto agli obiettivi ecclesiali o sociali perseguiti.

L’incoerenza nelle posizioni espresse dai vari soggetti coinvolti nella discussione sull’astensione riflette una tensione più ampia all’interno della società italiana riguardo al significato stesso della partecipazione democratica e ai valori ad essa associati.

Riflessioni finali sulle implicazioni democratiche

Le recenti dichiarazioni sia da parte dei politici sia dalle istituzioni religiose pongono seri interrogativi sui valori fondanti della democrazia italiana. La disparità nelle argomentazioni utilizzate a favore o contro l’astensione rivela una strategia comunicativa orientata più a ottenere vantaggi immediatamente politici piuttosto che a promuovere una cultura democratica coerente ed inclusiva.

In questo contesto complesso emerge quindi la necessità di riflessioni critiche sulle modalità con cui vengono affrontati temi così rilevanti per la vita pubblica del Paese. L’invito al voto dovrebbe essere visto come parte integrante dell’impegno civico collettivo piuttosto che strumentalizzato secondo convenienze temporanee.

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