Emergono nuovi dettagli su una maxi indagine condotta dalla Guardia di Finanza riguardante la sanità a Piacenza. L’inchiesta coinvolge venti persone, tra cui dirigenti dell’Ausl, funzionari pubblici e manager di aziende private specializzate nella fornitura di strumenti medico-diagnostici. Le accuse spaziano da peculato a turbativa d’asta, con un focus particolare sulle gare d’appalto e sulla gestione dei fondi europei.
I reati contestati nell’indagine
L’indagine si concentra su un periodo che va dal 2021 al 2024. Secondo quanto riportato dalle Fiamme Gialle, i reati contestati includono peculato, turbativa della libertà degli incanti e del procedimento di scelta del contraente, esercizio abusivo della professione e falsità ideologica commessa da pubblico ufficiale in atti pubblici. Queste accuse sono collegate all’aggiudicazione di diverse gare d’appalto per un valore complessivo stimato in 7 milioni di euro. Inoltre, si esamina la corretta gestione dei fondi europei Pnrr per un totale di 17 milioni destinati alla realizzazione e ammodernamento delle strutture sanitarie locali.
Attualmente gli indagati hanno venti giorni per presentare memorie o chiedere audizioni ai pubblici ministeri assistiti dai propri legali. La procura ha mantenuto il massimo riserbo sull’andamento delle indagini.
Ruolo chiave del direttore generale dell’Ausl
Tra le figure coinvolte spicca Paola Bardasi, direttore generale dell’Ausl. A lei vengono attribuiti reati gravi come il peculato per l’uso improprio dell’auto di servizio e la turbativa d’asta relativa all’acquisto di macchinari medici specializzati. Gli inquirenti hanno messo in luce irregolarità anche da parte dei dirigenti amministrativi che avrebbero attestato falsamente la conformità tra progetti finanziari relativi alla costruzione o ristrutturazione delle Case della Salute a San Nicolò, Fiorenzuola ed altre località.
Le Fiamme Gialle hanno accertato che i vertici aziendali avrebbero utilizzato procedure non corrette riguardo quattro progetti finanziabili tramite il Pnrr per investimenti totali pari a 17 milioni euro nelle strutture sanitarie territorialmente competenti.
Tecniche investigative utilizzate
Le indagini sono state supportate da una serie articolata di attività tecniche come intercettazioni telefoniche e videoambientali, analisi dei tabulati telefonici ed osservazione diretta degli individui coinvolti nel caso. Sono state effettuate anche numerose perquisizioni documentali ed esami con persone informate sui fatti.
Il Corpo ha consultato dati provenienti dal sistema ReGiS nell’ambito della strategia antifrode coordinata con la Ragioneria Generale dello Stato; questo ha permesso agli investigatori di rilevare anomalie significative nella gestione delle procedure relative all’acquisto e affidamento beni e servizi sanitari.
Irregolarità nella gestione delle risorse pubbliche
Le irregolarità emerse dall’indagine comprendono l’adozione sistematica di procedure non idonee come acquisti in economia o ricorso ripetuto ad affidamenti diretti senza seguire le corrette modalità previste dalla legge per le gare pubbliche. È stato evidenziato come alcuni dirigenti abbiano ideato stratagemmi giuridico-amministrativi volti ad eludere tali normative favorendo invece l’affidamento diretto alle aziende fornitrici.
Inoltre è stata constatata una serie continua ed estesa condotta irregolare nei confronti della gestione delle risorse assegnate all’Azienda Sanitaria durante molteplici gare d’appalto finanziate con fondi nazionali; queste ultime ammontano complessivamente a circa 7 milioni euro destinate ad incarichi professionali oltre alla fornitura beni essenziali al settore sanitario locale.