Un tribunale federale ha emesso una sentenza che avvantaggia Meta, la società madre di Facebook, in merito all’utilizzo di opere protette da copyright per addestrare i suoi modelli linguistici. La decisione arriva dopo una causa intentata da 13 autori che sostenevano di essere stati sfruttati senza autorizzazione. Nonostante il giudice abbia dato ragione a Meta, ha chiarito che questo non implica un via libera assoluto all’uso delle opere coperte da diritto d’autore.
Il verdetto del tribunale e le argomentazioni degli autori
Mercoledì scorso, il giudice Vince Chhabria ha emesso una sentenza a favore di Meta, riconoscendo il diritto dell’azienda a utilizzare i libri dei querelanti come dati per addestrare i suoi modelli linguistici. Questa decisione è stata presa nell’ambito della difesa basata sul concetto legale del “fair use“, che consente l’utilizzo limitato di materiale protetto senza necessità di autorizzazione.
Chhabria ha chiarito che gli autori non hanno presentato argomentazioni sufficienti per sostenere le loro tesi riguardo alla violazione dei diritti d’autore. In particolare, due punti sono stati considerati decisivi nella valutazione della causa: primo, la capacità del modello Llama nel generare testo dai libri dei querelanti è stata ritenuta insufficiente; secondo, gli autori non possono rivendicare un monopolio sulla concessione in licenza delle loro opere come dati per l’addestramento dell’intelligenza artificiale.
Il giudice ha specificato che Llama non produce porzioni significative e rilevanti del testo originale tale da compromettere il valore economico delle opere stesse. Questo aspetto è cruciale perché stabilisce un confine tra uso lecito e illecito nel contesto dell’intelligenza artificiale.
Le implicazioni della sentenza sul mercato editoriale
La decisione del tribunale potrebbe avere ripercussioni significative sul mercato editoriale e sull’industria dell’intelligenza artificiale. Infatti, sebbene la sentenza favorisca Meta in questo caso specifico, essa solleva interrogativi su come si regolerà l’utilizzo delle opere protette nel futuro sviluppo dei sistemi AI.
Chhabria ha anche notato che gli autori non hanno saputo sviluppare adeguatamente uno degli argomenti chiave: l’idea secondo cui l’utilizzo massiccio dei loro testi avrebbe potuto generare un numero elevato di opere simili sul mercato. Questo avrebbe potuto diluire la domanda per le loro creazioni originali e danneggiare economicamente gli stessi autori.
Inoltre, questa vicenda giunge poco dopo una situazione simile affrontata dalla società Anthropic. Anche qui si era discusso del fair use riguardo ai modelli AI addestrati con copie regolarmente acquistate di libri. Il giudice William Alsup aveva rigettato preoccupazioni relative al possibile impatto negativo dell’intelligenza artificiale generativa sulle vendite delle opere originali.
Questa serie di eventi suggerisce un panorama complesso dove i confini tra innovazione tecnologica e protezione dei diritti d’autore continuano ad essere messi alla prova nelle aule dei tribunali americani.