Nel 2023, il panorama occupazionale delle neomamme in Italia evidenzia una situazione complessa. Circa il 40% delle donne che hanno partorito non è attualmente inserito nel mercato del lavoro. Di queste, oltre la metà si identifica come casalinga, mentre un ulteriore 14% è disoccupata o alla ricerca della prima occupazione. Solo il 60% delle neomamme risulta quindi occupato, una percentuale che solleva interrogativi sulla condizione lavorativa femminile post-partum.
Differenze tra cittadine italiane e straniere
Analizzando i dati relativi alle cittadine italiane e straniere, emerge un divario significativo nell’occupazione. Tra le neomamme italiane, il tasso di occupazione raggiunge il 67%, mentre per le donne straniere scende al 28%. Nonostante ciò, poiché le mamme straniere rappresentano una minoranza rispetto al totale delle partorienti, la media generale rimane intorno al 60%. Inoltre, la presenza di studentesse tra le neomamme incide poco sul dato complessivo: solo l’1% delle nuove madri è composto da studentesse e appena il 2% nella fascia d’età compresa tra i venti e i ventinove anni.
Il legame tra età e condizione lavorativa appare evidente. Tra le donne di vent’anni che hanno partorito nel corso dell’anno passato, solo il 40% lavora; invece, fra quelle over quaranta la percentuale sale al 72%, con un tasso di disoccupazione del solo 10%. Nella fascia d’età compresa tra trenta e trentanove anni, quasi sette su dieci sono attivamente impiegate.
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Questi dati suggeriscono che molte donne non tornano a lavorare dopo aver avuto figli non per scelta personale ma a causa della mancanza di servizi adeguati per l’infanzia. La carenza di strutture disponibili costringe molte madri a rimanere a casa nei primi anni di vita dei propri bambini.
Costi dei nidi: un ostacolo all’occupazione
Secondo l’ultimo rapporto dell’Istat in collaborazione con l’Università Ca’ Foscari riguardo ai servizi educativi per l’infanzia, i costi medi mensili per frequentare un asilo nido sono aumentati notevolmente negli ultimi anni. Nel periodo dal 2019 ad oggi si è passati da circa 180 euro mensili a oltre 460 euro nel 2022. Tuttavia, esistono forti disparità regionali: nel Centro Italia si registrano spese medie pro capite pari a 588 euro annui; seguono Nord-Ovest con 541 euro e Nord-Est con quasi 500 euro; valori decisamente più bassi nelle Isole ed al Sud .
Per quanto riguarda gli aiuti economici disponibili alle famiglie tramite Bonus Asilo Nido previsto fino al 2025, questi variano in base all’indicatore ISEE familiare: fino a 25mila euro si possono ricevere fino a 3000 euro annui , da 25mila01€ a 40mila ci sono 2500€ annui , mentre sopra questa soglia ci si ferma ad 1500€. Per chi ha bambini nati dal 1° gennaio 2024, c’è anche un bonus maggiorato previsto fino a 3600€ annui se ISEE è sotto 40mila€.
Nel 2019, circa 290000 bambini avevano ricevuto questo bonus, corrispondente al 21.7% della popolazione nella fascia d’età zero-due anni; nel 2022 questo numero è salito a 430000 bimbi con un importo medio annuo aumentato ad 1318€, distribuito su 6-7 rate.
Reddito familiare ed accesso ai nidi
Il reddito familiare gioca un ruolo cruciale nell’accesso ai servizi educativi per la prima infanzia secondo quanto emerso dai rapporti analizzati. Le famiglie che utilizzano il nido hanno un reddito netto di parole equivalente mediamente pari a 23 mila euro, mentre quelle che non lo utilizzano arrivano a 18 mila euro. Anche il livello di istruzione gioca una parte importante: nelle famiglie dove almeno uno dei genitori ha una laurea o titolo superiore, la frequenza al nido arriva al 31%, mentre scende al 26% nei casi in cui entrambi hanno solo diploma. Situazioni simili emergono anche per quanto riguarda la condizione lavorativa dei genitori: dove lavora al massimo un genitore la frequenza al nido è 14%; quando entrambi sono lavoratori, arriva al 38%.
Oggi esperti pedagogisti concordano sull’importanza dell’asilo nido come ambiente stimolante dove i bambini possono iniziare ad interagire sin dai primi anni della loro vita. Questo contesto educativo offre opportunità preziose affinché possano relazionarsi con altri coetanei sotto la guida degli insegnanti qualificati. Inoltre, considerando che quasi metà delle famiglie italiane ha oggi un unico figlio, diventa fondamentale imparare fin dall’inizio come socializzare efficacemente con altri bambini attraverso esperienze condivise.