Il nuovo “Indice dei diritti globali 2025” della Confederazione Sindacale Internazionale mette in luce un preoccupante arretramento nella tutela dei diritti dei lavoratori, non solo in Italia ma anche nel resto d’Europa. La presentazione ufficiale dell’indice avverrà il 10 giugno a Ginevra, durante una conferenza dell’Organizzazione Mondiale del Lavoro, alla quale parteciperanno rappresentanti sindacali da vari paesi colpiti dalla crisi. Questo rapporto evidenzia come le politiche repressive stiano minando i diritti fondamentali e la libertà di espressione.
Arretramento nei diritti dei lavoratori
Secondo l’analisi allegata all’indice, la situazione è peggiorata rispetto all’anno precedente, con una valutazione che scende a “livello 2”. Questo deterioramento è attribuito principalmente alle misure adottate dal governo italiano, in particolare dal vicepremier e ministro dei Trasporti Matteo Salvini. Le sue politiche hanno portato a restrizioni significative sul diritto di sciopero per i lavoratori del settore trasporti, specialmente ferroviario. Il cosiddetto “Precetto LaQualunque“, citato nel rapporto de Il Manifesto, rappresenta un esempio emblematico di questa legislazione repressiva.
In aggiunta a queste misure legislative contro gli scioperi, i sindacati confederali hanno recentemente firmato un accordo contrattuale nazionale che non ha soddisfatto le aspettative delle organizzazioni di base come l’Usb. Queste ultime denunciano la perdita del potere d’acquisto e chiedono un referendum per rivedere le condizioni contrattuali nel settore. L’aumento della criminalizzazione delle mobilitazioni sindacali e una retorica negativa verso le organizzazioni stesse hanno contribuito alla valutazione sfavorevole dell’indice.
Campagna referendaria contro i diritti
La situazione si complica ulteriormente con la campagna governativa contro i referendum previsti per l’8 e 9 giugno riguardanti modifiche alle norme sul lavoro e sulla cittadinanza. Il governo Meloni ha adottato strategie per boicottare questi referendum; ad esempio, Meloni ha annunciato che andrà a votare ma non ritirerà la scheda al fine di ostacolare il raggiungimento del quorum necessario per validare il voto.
Questi atteggiamenti sono stati interpretati dalla Csi come segnali di repressione crescente nei confronti dei diritti civili e sociali in Italia. La posizione della premier sembra riflettere una resistenza all’idea stessa di miglioramento delle condizioni già compromesse dai dieci anni precedenti caratterizzati dal Jobs Act e da pratiche discriminatorie nei confronti degli immigrati.
Sospensione della democrazia parlamentare
Un altro aspetto critico emerso dall’indice riguarda l’uso crescente della decretazione da parte del governo italiano che limita il dibattito parlamentare sulle leggi importanti relative ai diritti civili e sociali. Questa prassi ha reso più difficile esprimere dissenso pubblico anche tra coloro che si trovano in situazioni precarie come disoccupati o cassintegrati.
Il recente “Decreto Sicurezza” ne è un chiaro esempio: adottato senza confronto parlamentare adeguato, questo provvedimento mira a limitare drasticamente il diritto di manifestarsi pubblicamente su questioni rilevanti per i cittadini italiani ed europei.
Critiche dalle organizzazioni sindacali internazionali
La CGIL ha espresso preoccupazione riguardo al clima autoritario instauratosi nel paese sotto l’amministrazione Meloni; secondo Maurizio Landini, segretario generale del sindacato, l’Italia sta vivendo una deriva autoritaria alimentata da politiche neoliberiste che compromettono le libertà fondamentali degli individui.
Luc Triangle della Csi ha ampliato questa critica affermando che la trasformazione poliziesca delle normative sui diritti sociali è frutto di scelte politiche deliberate mirate allo smantellamento delle conquiste ottenute dopo la Seconda Guerra Mondiale in materia sociale e sindacale. L’Italia ora figura tra quei paesi con gravi violazioni democratiche insieme ad altre nazioni avanzate come Spagna o Francia ma anche economie emergenti quali Barbados o Ghana.
Questo contesto complesso solleva interrogativi sulla direzione futura delle democrazie occidentali nell’affrontare questioni cruciali legate ai diritti umani ed economici.