Somnia: il film che trasforma i sogni in realtà e incubi, riscoperto a distanza di anni

“Somnia”, diretto da Mike Flanagan, esplora il confine tra sogno e realtà attraverso la storia di una coppia in lutto e un bambino con poteri inquietanti, affrontando temi di amore e ossessione.
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Somnia è un film che esplora il confine tra sogno e realtà, portando sullo schermo una storia intensa e toccante. Diretto da Mike Flanagan, noto per le sue opere nel genere horror, il film ha faticato a trovare la sua audience a causa di problemi distributivi. Uscito nel 2018 su Netflix dopo un lungo periodo di attesa, Somnia si rivela oggi come una delle pellicole più sottovalutate del panorama cinematografico recente.

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La trama: un viaggio tra sogni e incubi

La narrazione ruota attorno a Jessie e Mark, una coppia segnata dalla perdita del loro figlio. Per cercare di ricostruire le proprie vite distrutte dal dolore, decidono di accogliere in affido Cody, un bambino gentile ma con un dono inquietante: ogni suo sogno si materializza nella realtà. Questo potere porta alla manifestazione di elementi meravigliosi come farfalle luminose o ricordi felici; tuttavia non tutti i sogni sono innocui. Alcuni diventano veri incubi.

La storia evolve rapidamente da una ricerca di rinascita personale a una spirale di ossessione per Jessie. La madre adottiva inizia infatti ad utilizzare i sogni del piccolo Cody per rivivere momenti passati con il figlio scomparso. Questa illusione rischia però di trasformarsi in qualcosa di distruttivo per entrambi.

Il Canker Man: l’incarnazione delle paure infantili

Uno degli aspetti più inquietanti del film è rappresentato dal “Canker Man”, una figura scheletrica che popola gli incubi del giovane Cody. Questa creatura non è solo frutto della fantasia; essa simboleggia traumi profondi legati alla vita del bambino e alla malattia che ha portato via sua madre. L’orrore vero non proviene dall’esterno ma emerge dall’interno dei personaggi stessi.

Flanagan riesce a costruire un’atmosfera sospesa dove l’elemento horror si intreccia con la psicologia dei protagonisti. La presenza del Canker Man diventa così uno specchio delle paure più recondite dell’infanzia e della fragilità umana.

Un’opera fuori dagli schemi dell’horror tradizionale

Somnia sfida le convenzioni tipiche degli horror commerciali grazie all’approccio narrativo scelto da Flanagan. Invece dei consueti jump scare, il regista crea tensione attraverso atmosfere malinconiche ed emotive che invitano lo spettatore a riflettere su temi complessi come lutto e amore genitoriale.

Il film offre uno spaccato profondo sulla condizione umana: l’amore può facilmente trasformarsi in bisogno ossessivo quando si tratta della perdita dei propri cari. Le scelte narrative portano lo spettatore ad interrogarsi sui limiti fra protezione genuina e manipolazione emotiva.

Le interpretazioni memorabili

Jacob Tremblay offre una performance straordinaria nei panni di Cody; già noto al pubblico grazie al suo ruolo in Room, riesce qui ad esprimere vulnerabilità ed intensità emotiva con grande naturalezza. Al suo fianco ci sono Kate Bosworth e Thomas Jane che interpretano Jessie e Mark rispettivamente; entrambi forniscono interpretazioni credibili mostrando due modi diversi ma complementari nell’affrontare la tragedia familiare.

Nonostante sia stato girato nel 2013 ed abbia subito ritardi significativi dovuti al fallimento della casa distributrice coinvolta nella produzione, Somnia ha finalmente trovato spazio su Netflix cinque anni dopo senza alcuna promozione significativa o clamore mediatico attorno al suo rilascio.

Un destino amaro per un’opera intensa

Il percorso travagliato verso la distribuzione ha privato molti spettatori della possibilità di vedere questa opera capace di toccare corde intime attraverso la sua narrazione originale lontana dai cliché dell’horror commerciale contemporaneo. Nella carriera crescente di Mike Flanagan questo titolo rappresenta anche un punto cruciale: funge da ponte tra i suoi lavori indipendenti iniziali fino ai successivi successi mainstream. Somnia rimane quindi non solo come racconto cupo sull’infanzia ma anche come riflessione profonda sulle esperienze dolorose dell’essere umano stesso.