Trilok Gurtu torna a Torino: un viaggio musicale tra jazz e world music

Trilok Gurtu, il famoso percussionista indiano, torna al Folk Club di Torino il 7 maggio dopo sette anni, portando la sua musica innovativa e collaborando con talenti locali.
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Trilok Gurtu, il celebre percussionista indiano, è pronto a tornare sul palco del Folk Club di Torino mercoledì 7 maggio. Dopo sette anni di assenza dall’Italia, l’artista porterà la sua musica in un contesto intimo e speciale. Con una carriera che abbraccia oltre cinquant’anni nel panorama della world music e del jazz, Gurtu ha collaborato con nomi illustri come Don Cherry e John McLaughlin. Il concerto avrà inizio alle 21:30 e i biglietti sono disponibili al prezzo di 30 euro.

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La carriera di Trilok Gurtu: un percorso straordinario

Nato in India, Trilok Gurtu ha iniziato la sua carriera musicale negli anni ’70, periodo in cui si è trasferito in Occidente per esplorare nuove sonorità. La sua formazione lo ha visto parte integrante degli Oregon e collaboratore di artisti iconici come Pharoah Sanders e Jan Garbarek. Questo mix eccezionale dimostra la versatilità dell’artista che riesce a fondere diversi stili musicali.

Gurtu non è solo un percussionista; è anche un innovatore che ha saputo integrare le tradizioni musicali indiane con quelle occidentali. Ha lavorato con band rock come gli Swans ed è stato accostato a figure del jazz contemporaneo come Bill Evans. Inoltre, il suo legame con l’Italia si manifesta attraverso le sue collaborazioni locali; ad esempio, Ivano Fossati lo considera uno dei suoi artisti più fidati.

La scelta di esibirsi nuovamente al Folk Club rappresenta una connessione profonda con il paese che lo ha accolto all’inizio della sua carriera europea nel 1975. Qui ha avuto modo di entrare nei milanesi Aktuala e stringere amicizie significative nel mondo della musica.

L’importanza del Folk Club per l’artista

Durante una recente intervista, Gurtu ha sottolineato quanto sia speciale il Folk Club per lui. Nonostante normalmente si esibisca in festival o teatri più grandi, questo locale rappresenta qualcosa di unico nella sua esperienza musicale. “Ci ho suonato solo una volta nel 2018 ma mi è rimasto nel cuore,” afferma l’artista riguardo alla sua precedente performance.

Il pubblico attento durante quel concerto gli aveva lasciato un’impressione duratura ed era stato proprio questo legame emotivo a spingerlo ad accettare l’invito per tornare sul palco torinese quest’anno. Per lui non si tratta semplicemente di suonare; ogni performance diventa un’opportunità per rinnovare relazioni artistiche profonde.

Inoltre, porta con sé Carlo Cantini, violinista noto per le sue doti tecniche ed espressive; questa collaborazione mira anche a sostenere i talenti locali che spesso faticano ad emergere nell’attuale panorama musicale italiano.

Riflessioni sull’industria musicale contemporanea

Gurtu non nasconde le sue preoccupazioni riguardo all’industria musicale attuale: “Malissimo,” risponde quando gli viene chiesto cosa ne pensa dello stato attuale della musica globale. Secondo lui ci sono molteplici fattori da considerare tra cui le etichette discografiche e i promoter che influenzano negativamente la qualità delle produzioni musicali.

L’artista mette in guardia contro i rischi derivanti dalla commercializzazione estrema della musica: “A soffrire saranno i musicisti,” avverte Gurtu riferendosi alla diminuzione dell’autenticità nelle proposte artistiche odierne. Nonostante queste sfide globalizzate nella musica siano evidenti anche nell’ambito culinario – dove nota una discesa qualitativa – egli continua a sperimentare nuove sonorità cercando sempre qualcosa di diverso da proporre al pubblico.

L’improvvisazione come chiave dell’arte musicale

Un aspetto fondamentale del pensiero artistico di Trilok Gurtu riguarda l’improvvisazione: “L’improvvisazione rende immortale la musica,” scrive nella sua biografia su Facebook riflettendo sulla propria esperienza culturale indiana trapiantata poi nel contesto jazzistico europeo.

Gurtu crede fermamente nella necessità d’introdurre novità all’interno del genere jazz stesso pur riconoscendo il suo valore storico; desidera vedere emergere nuovi talenti capaci d’esplorare vie inesplorate senza limitarsi ai confini tradizionali imposti dal genere stesso.

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